3/I bilanci dei regionali

Terza puntata: la voce del padrone

Il commissariamento della Fai ha dunque colpito la parte viva della Federazione ed ha resuscitato chi era uscito politicamente morto dal congresso dell’Ergife. Cioè il senato delle regioni, il collegio dei segretari regionali come strumento di governo extrastatutario della Federazione.

Grazie al commissariamento, i singoli segretari regionali hanno ottenuto due risultati: in quanto dirigenti, sono rimasti tutti in sella perché anche quelli più deboli a livello locale diventavano, come volenterosi collaborazionisti del commissario nazionale, automaticamente intoccabili (tranne uno, che è stato toccato direttamente dal commissario, con la sua proverbiale cortesia e con la scusa di lettere anonime misteriose quanto puntuali); in quanto dipendenti, tutti (sempre tranne uno…) hanno salvato il posto di lavoro. E si sa che salvare il posto è uno dei motivi per cui si fa il sindacato; anche se, per la verità, questa frase dovrebbe riguardare prima il posto degli altri che il proprio.

A questo punto, tutti contenti (sempre tranne uno…). Ma resta solo una domanda da niente in sospeso: e lo scioglimento della Fai? Che fine ha fatto la pietra dello scandalo, il motivo per cui la Fai è stata commissariata? La questione fondamentale sulla quale, a pochi giorni dal congresso, si era formato un “fronte del no”, con sette regioni (a cominciare, un po’ a sorpresa, dalla Sicilia del messinese Fabrizio Colonna), che si contrapponeva al “fronte del sì”, maggioritario ma senza i numeri per approvare lo scioglimento a maggioranza qualificata?

Teoricamente, uno dovrebbe pensare che queste posizioni si sarebbero dovute riproporre anche dopo il commissariamento. E chi era contrario allo scioglimento sarebbe dovuto rimanere contrario, e chi era a favore sarebbe rimasto a favore. Magari ridiscutendo da capo, ma a partire da questa contrapposizione per poi trovare una sintesi (una sintesi vera, non la mediazione, finta e poco dignitosa, imposta dalla signora Annamaria che credeva di aver risolto tutto con un paio di poltrone in più).

Invece, miracolo del commissariamento, dal giorno dopo il contrasto non c’era più. Il senato delle regioni, non si è mai capito se veramente all’unanimità, si è allineato al nuovo corso. Dopo che Via Po 21 ha scritto nella delibera di commissariamento che il congresso della Fai era sì libero di votare come riteneva giusto, ma non poteva comunque votare contro lo scioglimento, il fronte del sì e il fronte del no si sono ricompattati. Ma non in modo limpido e chiaro, superando la divisione con un confronto politico nel quale si analizzano i problemi e si cerca di superarli assieme. Al contrario, in un modo frettoloso e un po’ strano. Quasi rovesciando le parti in commedia.

Teoricamente, una federazione commissariata perché non si è sciolta prima della fusione con la Filca (già, perché “prima” e non “a seguito della fusione”?), dovrebbe essere guidata dal commissario a fare quel che non aveva fatto. Cioè sciogliersi e farsi assorbire dalla Filca.

E invece no. Quasi subito, la parola d’ordine è stata “federazione pluricomposta”. Tradotto in italiano, non ci sciogliamo più. E la Filca è stata costretta ad accettare quello che la Fai le aveva proposto dopo il mancato scioglimento, ma Domenico Pesenti aveva sdegnosamente rifiutato (e chissà se nel chiuso del suo ufficio all’Inas ogni tanto ripensa a quella scelta). Cioè creiamo una struttura comune, ma teniamo in vita le due federazioni, in maniera da non smentire il progetto iniziale, ma senza andare contro la deliberazione vincolante di un congresso.

Quindi a questo punto si dovrebbe dire che alla fine ha vinto il “fronte del no”. Perché potrebbe sembrare che alla fine il commissario mandato da Via Po 21 ha dovuto accettare la posizione votata dal congresso e che aveva provocato il commissariamento, costringendo anche la Filca ad accodarsi.

Teoricamente, le cose dovrebbero stare così. In pratica, invece, tutto i segretari del “fronte del sì” allo scioglimento sono diventati immediatamente i più entusiasti sostenitori della nuova linea, del “sì al commissariamento”. Poi del “sì alla pluricomposta”. Ed ora sono sostenitori entusiasti del “sì al commissario alla guida della Fai anche dopo il commissariamento”, pur avendo riconosciuto implicitamente che il motivo del commissariamento era insussistente. Una contraddizione che riguarda le regioni che all’Ergife erano per lo scioglimento, ma anche qualcuna del fronto del no: a cominciare dalla Sicilia del messinese Fabrizio Colonna.

A questo punto, se si parlasse di una persona, si potrebbe sospettare un caso di schizofrenia, due personalità che coabitano in uno stesso soggetto. Ma trattandosi di un gruppo di persone, c’è da capire qual è la coerenza di questo comportamento.

E la coerenza non è, evidentemente, di natura politica. Anche perché la politica è stata sospesa dal commissariamento, e sostituita da trame di alleanze e fedeltà personali (che naturalmente c’erano anche prima; ma non c’erano solo trame e fedeltà, c’erano anche organi democratici legittimati dallo statuto, il che è una bella differenza).

No, la coerenza è un’altra, ed è la fedeltà alla voce del padrone. Perché non conta se quello che fai è giusto o sbagliato, o se oggi fai le cose per cui ti sei battuto fino a ieri. Conta solo se fai quel che di volta in volta ti viene ordinato di fare. Anche cose contrarie e contraddittorie da un giorno all’altro.

Evidentemente, quando al padrone (che fino a poco prima del congresso del 2014 era Bonanni) premeva lo scioglimento della Fai per farla assorbire dalla Filca, bisognava essere entusiasti dello scioglimento; ma quando al padrone lo scioglimento non serviva più, allora niente scioglimento. Sempre con lo stesso entusiasmo. Sempre senza una posizione autonoma. Sempre obbedendo alla voce del padrone.

Che poi è l’unico criterio per salvare il posto da dirigente e da dipendente.

(fine della terza puntata)

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Un Commento - Scrivi un commento

  1. Un detto dice “CHI NASCE SERVO NON MUORE MAI PADRONE”. Considerato che l’unico criterio applicato nel selezionare, la quasi totalità di questi campioni regionali e non é stato il servilisimo ecco che tutto diventa più chiaro.

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