I discorsi di Stalin venivano incisi su dischi di vinile per essere riascoltati e meditati dai cittadini dell’Unione sovietica. E, siccome i dischi da 45 giri duravano tre minuti per facciata, un discorso di una quarantina di minuti occupava circa sette dischi. Ma i dischi da ascoltare erano otto. Perché gli ultimi minuti del settimo disco erano occupati dagli applausi che salutavano la fine del discorso, poi il disco finiva, si metteva l’ottavo e continuavano gli applausi per altri tre minuti; e quando il lato A finiva, si doveva girare il disco per ascoltare in maniera religiosamente entusiasta i tre minuti di applausi incisi sul lato B. E chi non lo faceva erano un disfattista, uno che remava contro, e si candidava a fare una brutta fine.
Questo accade dove si afferma il “culto della personalità”. E infatti qualcosa di simile accade anche nella Fai commissariata. Sul cui sito è stato pubblicato un articolo del dottor Sbarra dell’Anas sul caporalato. E poi lo stesso articolo è stato ripubblicato altre quattro volte, con i link in fondo alla pagina per far vedere che era stato ripreso da quattro prestigiosi quotidiani a cavallo fra Scilla e Cariddi (per la precisione: Gazzetta del Mezzogiorno, Gazzetta del Sud, La Sicilia e Quotidiano del Sud).
Ora, già leggere un’articolessa verbosa del dottor Sbarra dell’Anas, piena di parole tirate fuori dal sacchetto della tombola, non è la cosa più divertente del mondo. Ma non è che, per caso, i poveri commissariati devono leggersela altre quattro volte, ed annuire vistosamente? Giusto per evitare di dare l’impressione di non apprezzare l’altezza dei contenuti e la capacità di penetrazione mediatica del commissario sulla stampa calabro-sicula (una capacità non inferiore a quella di Augusto Cianfoni sui giornali di Roccamassima e dintorni)?