La Fai commissariata è un asilo d’infanzia.
Intendiamoci, non è che nella Fai libera non ci fossero problemi, o che la dialettica politica fosse sempre giocata fra gentlemen e all’insegna del fair play. I colpi bassi, le manovre, le ripicche e le fregature tirate a vicenda ci sono sempre state.
Ma mai si è arrivati al punto di sentir fare discorsi e lanciare avvertimenti del tipo: “sei stato visto parlare con questo o con quello, attento a quello che fai”. Perché, come all’asilo, nella Fai commissariata è successo e succede anche questo. Ed è successo e succede, proprio come all’asilo, che ci sia chi va a fare la spia “ho visto questo che parlava con quello”. O, peggio, “ho visto la moglie di questo che si fermava a salutare la moglie di quello”.
Perché è così, nella Fai libera forse non si era tutti amici, ma bisognava almeno salvare la forma dell’amicizia. E le famiglie si tenevano fuori. In quell’asilo d’infanzia al quale è stata ridotta la Fai commissariata “chi parla con chi non è mio amico non è più mio amico”.
Fino a quando durerà questa farsa? Le possibilità sono due.
O durerà fino alla fine del commissariamento, quando con l’apertura del congresso cesseranno i poteri illegittimamente concessi e la Fai sarà finalmente libera, un anno e mezzo dopo il congresso dell’Ergife, di tornare a dire la sua.
O, un anno e mezzo dopo quello scatto di libertà, prevarrà la paura e il “tengo famiglia”. E l’asilo d’infanzia resterà aperto.
Speriamo che prevalga la prima ipotesi. Che è l’unico augurio serio che possiamo fare in vista dell’anno nuovo.