Tre o quattro casi, anzi due o tre, anzi uno o due, anzi nessuno

Quando in agosto scoppiò il caso Scandola, la signora Anna Maria protestò che la stampa prendeva “tre o quattro casi” e faceva di ogni erba un fascio (per la precisione, i casi citati dalla stampa erano quattro. E Nino Sorgi, chiamato in causa come uno dei quattro, non smentì nulla ma precisò che lui su quei soldi pagava “un sacco di tasse”. Come se fosse una cosa strana).

Più tardi, la stessa signora Anna Maria ha preso a parlare di “due o tre casi”.

Ora che abbiamo scoperto che Nino Sorgi, il reddito più alto fra quelli citati da Scandola, non era uno di questi casi, perché, anzi, si tratta di un ottimo dirigente, con un con grande senso di responsabilità, che ha fatto un lavoro competente e serio, con serietà e qualità (non siamo diventati matti, stiamo solo citando le improbabili affermazioni dell’improbabile segretario generale della Cisl al Consiglio generale del 16 dicembre).

Insomma, uno che quei quattro soldi se li sarebbe guadagnati.

Allora, se Sorgi non è un furbastro ma anzi un ottimo dirigente,, i casi da “due o tre”, scendono ulteriormente a uno o due. Come in un conto alla rovescia, destinato fatalmente a finire con zero.

Alla faccia della trasparenza promessa prima sulla pensione di Bonanni, poi su “tre o quattro casi” che non hanno avuto alcuna conseguenza.

Qui di trasparente c’è solo la voglia di mantenere alcune posizioni di potere con qualche minimo avvicendamento, spacciato per una grande svolta.

Ma se non si è capaci nemmeno di accompagnare all’uscita un pensionato (non al minimo) come Sorgi, allora vuol dire che non si deve toccare nulla, per non far saltare tutto.

Per questo nessuno si muove.

Ma fino a quanto la Cisl può reggere questa situazione?

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