Il 24 settembre 2014, Raffaele Bonanni annuncia le dimissioni da segretario della Cisl, dice che lo fa perché tanto entro pochi mesi avrebbe lasciato comunque (e non era vero…) ed indica Anna Maria Furlan come successore.
Lo schema si ripete l’8 ottobre 2014, davanti al consiglio generale dove Bonanni rassegna le dimissioni, racconta che si fa da parte perché vuole accelerare il passaggio già deciso (e non era vero…) e chiede di votare la Furlan come prova di “continuità”. La Furlan, poi, confermerà di porsi sulla linea della continuità, fra l’altro dicendo che la Cisl proseguira “celermente” con gli accorpamenti delle categorie avviati sotto Bonanni (il messaggio era per la Fai? In ogni caso la risposta del congresso sarà un bel no rotondo).

Ma prima del voto, il presidente Gigi Bonfanti dà la parola a Gigi Petteni, segretario della Lombardia, il quale dice, più o meno: noi votiamo Furlan ma non per la continuità. La votiamo e le chiediamo discontinuità.
Quindi il 194 su 200 con cui la Cisl elegge il nuovo segretario generale era il frutto, più che di un vero consenso generale, delle “convergenze parallele” fra chi voleva continuare nel solco tracciato da Bonanni e chi voleva cambiare strada (senza peraltro spiegare bene cosa intendesse). In altre parole, non si trattava di unanimità (che quando c’è veramente è una bella cosa), ma di unanimismo, dell’incapacità che affligge la Cisl da due-tre decenni di articolare un democratico dibattito interno fra posizioni diverse, come è normale e fisiologico per tutte le organizzazioni.
E la conferma che il virus dell’unanimismo ha inficiato la Cisl arriva di lì a poco, il Il 31 ottobre, quando al mattino viene eletta la nuova segreteria confederale, al pomeriggio l’esecutivo commissaria la Fai all’unanimità (quindi col voto congiunto di continuisti e discontinuisti) perché non aveva obbedito all’ordine di sciogliersi.

Invece di aprire un confronto e capire le ragioni politiche di quel che era successo, bonanniani e anti-bonanniani si uniscono nel commissariare la Fai con l’accusa di violazione delle intoccabili direttive confederali.
Ora, di fronte alla vicenda Scandola, c’è chi dice che ‘dietro ci sono i bonanniani’, chi tace e non si sa se acconsente o meno, e c’è un generale trionfo delle dietrologie. Anche questa volta, invece di affrontare una situazione che non fa bene all’immagine della Cisl, ci si divide fra bande invece di aprire il confronto democratico. Salvo tornare all’unanimità quando c’è da ordinare alla Cisl-Probiviri di espellere Scandola, che sta disturbando le ferie della segreteria.
Per tre volte (elezione Furlan, commissariamento Fai, espulsione Scandola) la Cisl avrebbe fatto meglio a discutere, eventualmente dividersi, e decidere all’esito di un confronto democratico; invece si è rifugiata nell’unanimismo. E le conseguenze si vedono.
Ma per quanto tempo a Via Po 21 pensano di poter andare avanti così?
