Commissariare, licenziare, espellere

Brutto segno quando un’organizzazione viene guidata con ripetuti atti di imperio. Il ricorso eccessivo e ripetuto agli strumenti di comando rivela una crisi interiore, che non coincide mai solo con la persona al timone al momento, ma che evidentemente è più profonda.

E se tre indizi fanno una prova, di questa attitudine della Cisl abbiamo avuto almeno tre esempi negli ultimi mesi.

1. Il 28 ottobre 2014 il congresso della Fai respinge la mozione di scioglimento della Federazione, sollecitata di persona da Anna Maria Furlan; tre giorni dopo l’esecutivo della Cisl reagisce e commissaria la Fai. Alla faccia del principio dell’autogoverno delle associazioni sindacali.

2. Commissario è nominato Luigi Sbarra; che si insedia alla Fai e caccia Maurizio Ori e Giampiero Bianchi; il primo è la persona che ha chiesto il voto segreto (previsto dalle regole) sulla mozione che è stata respinta dal congresso; il secondo è accusato di aver esultato alla notizia delle dimissioni di Raffaele Bonanni, venendo così meno “a quel minimo etico che deve conformare il Suo rapporto di lavoro” (sic!). Alla faccia della libertà di opinione.

3. Infine, gli otto membri della segreteria confederale, senza distinzioni fra bonanniani, furlaniani e quant’altro, firmano una richiesta di espulsione per Scandola; quando i probiviri del Veneto si limitano ad un richiamo, tutti gli otto impugnano immediatamente e ottengono dai probiviri nazionali l’espulsione immediata di Scandola senza dargli tempo e modo di difendersi. Alla faccia dei diritti previsti dallo statuto.

Uno slogan caro alla Cisl, tanti anni fa, era “uomini liberi nel sindacato libero”. Ma la Cisl che commissaria, che licenzia, che espelle è ancora quella Cisl o è diventata una caserma?

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