Conflitti e interessi

Ora che il dibattito sulla trasparenza nella Cisl è aperto, dobbiamo stare attenti a non entrare nel frullatore del dibattito estivo di media che alzano il polverone e poi lasciano morire le questioni fino al polverone successivo, e a non fare da sponda a questo o quel disegno politico di chi vuole usare il sindacato dall’esterno per scopi che non sono l’interesse dei soci.

E la maniera migliore è quello di non limitarsi al tema già sul tavolo, quello di quanto si guadagna nella Cisl (ai livelli alti), ma di porre una riflessione generale. Come ha fatto Scandola nel suo intervento al Consiglio generale di Verona del 30 giugno, quando ha sottolineato che i redditi dei lavoratori non crescono, quelli dei dirigenti (compresi quelli sindacali) sì. In qualche caso anche troppo.

La questione allora non è solo quella di mettere un tetto ai redditi o di vietare il cumulo (cose auspicabili); è quella di ricordarci tutti cosa vuol dire fare il sindacalista, cioè rappresentare gli interessi dei lavoratori, e quindi comportarsi di conseguenza. A tutti i livelli, dal più alto al più basso.

Ad esempio, ci sono situazioni (che qualche volta finiscono nella dichiarazione dei redditi, qualche volta no) in cui il rappresentante sindacale è esposto alla tentazione di usare del potere di rappresentanza nell’interesse di qualcuno (sé stesso o altri) invece che di tutti. Magari con assunzioni presso qualche azienda (nella versione formalmente legalizzata, quella del distacco, o in altre) o qualche ente bilaterale dove la maggior parte dei cognomi ricorda quello dei dirigenti sindacali (ed altri cognomi non sono necessariamente di estranei).

Non che tutto ciò sia sempre e necessariamente illecito; ma il criterio morale deve essere quello che chi ha il potere di rappresentare i lavoratori, lo deve esercitare nell’interesse degli altri e non di sé stesso. Altrimenti il conflitto fra gli interessi delle parti collettive rischia di diventare uno scandaloso conflitto di interessi che mina l’essenza del sindacato.

Questo non vale solo e innanzitutto per la Cisl. Ma se la Cisl volesse fare trasparenza anche su questo, magari cominciando dalle dichiarazioni dei redditi degli ultimi anni dei suoi dirigenti (non solo quelle future), potrebbe trasformare la brutta figura di questi giorni nell’inizio di una rigenerazione per tutto il sindacalismo italiano.

Certo, se invece espelle chi pone il problema, la brutta figura è destinata a perpetuarsi.

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  1. Solidarietà con Scandola
    Il “whistleblower” (soffiatore nel fischietto) è il lavoratore che, durante l’attività lavorativa all’interno di un’azienda, rileva una possibile frode, un pericolo o un altro serio rischio che possa danneggiare clienti, colleghi, azionisti, il pubblico o la stessa reputazione dell’impresa/ente pubblico/fondazione; per questo decide di segnalarla. Il “whistleblowing” è uno strumento legale – già collaudato da qualche anno, anche se con modalità diverse, negli Stati Uniti e in Gran Bretagna – per informare tempestivamente eventuali tipologie di rischio: pericoli sul luogo di lavoro, frodi all`interno, ai danni o ad opera dell’organizzazione, danni ambientali, false comunicazioni sociali, negligenze mediche, illecite operazioni finanziarie, minacce alla salute, casi di corruzione o concussione e molti altri ancora. E’ evidente come i primi in grado di intuire o ravvisare eventuali anomalie all’interno di un`impresa, di un ente pubblico o di un`organizzazione no-profit sono spesso coloro che vi lavorano e che sono in una posizione privilegiata per segnalare queste irregolarità. Tuttavia, indipendentemente dalla gravità o meno del fenomeno riscontrato, molto spesso i dipendenti non danno voce ai propri dubbi per pigrizia, ignoranza, egoismo ma, soprattutto, per paura di ritorsioni (se non addirittura del licenziamento) o per la frustrazione di non vedere un seguito concreto e fattivo alle proprie denunce.

    Adesso anche in Italia c’è una tutela legale, nel settore pubblico, per i lavoratori che denunciano le irregolarità nel caso questi subiscano una ritorsione da parte del “denunciato” proprio a causa della delazione di quest’ultimo. Vedi il sito ufficiale dell’Agenzia Funzione Pubblica
    http://www.anticorruzione.it/portal/public/classic/Comunicazione/News/_news?id=29b21dce0a778042361b6166fa296f8c

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