Come i nostri lettori più affezionati sanno, abbiamo da tempo paragonato il commissariamento della Fai ad un viaggio sulla Salerno-Reggio Calabria. Dove, per chi viene da nord, si parte forte e poi si rallenta progressivamente più si scende verso la meta.
Una poesia di Eugenio Montale dice che, prima di un viaggio, “un imprevisto è la sola speranza“. Ma lungo certi percorsi, potremmo dire che invece qualche imprevisto è la sola certezza.
Così ad esempio la notizia degli ultimi giorni nella Fai commissariata è che la federazione di una provincia del Mezzogiorno ha ricevuto la visita degli ispettori mandati dal commissario. E la cosa è importante perché, come vanno dicendo in giro uccellacci ed uccellini che si sono prontamente alzati in volo a diffondere la notizia, la cosa sembra segnare la fine delle possibilità che uno dei papabili per la nuova segreteria possa arrivare alla fine del viaggio.
I nostri lettori ci perdoneranno se per ora non siamo più chiari. Ma, come avranno ormai capito, noi non siamo per il bipolarismo e non ci schieriamo né con gli uccellacci né con gli uccellini; né con chi vede in questo “imprevisto” arrivato puntualmente a sparigliare i giochi una nemesi per chi non si è schierato esplicitamente contro il commissariamento, né con nessun altro. Perché il problema della Fai non è la fine che farà chi si è imbarcato sul pullman del commissariamento e su eventuali discussioni a bordo, e se poi, come i dieci piccoli indiani di Agatha Christie, alla fine non rimane nessuno; il punto, potremmo dire riecheggiando una canzone di Francesco De Gregori, è l’uomo al volante, a che titolo ci si è messo ed a che titolo usa dei poteri del commissario per restarci anche oltre la fine del mandato.