
Quando Eizenstein, il regista sovietico autore della ben nota “Corazzata Potemkin”, girò un film per esaltare la collettivizzazione delle campagne (una follia che costò milioni di morti per fame) aveva scelto come titolo “La linea generale”.
Ma Stalin, che sapeva quel che faceva (milioni di morti da nascondere dietro ad una narrazione gloriosa) impose alcune modifiche al film e soprattutto ne cambiò il titolo, che fu “Il vecchio e il nuovo”: i contadini attaccati alla terra da coltivare era il “vecchio” da spazzare via, perché il “nuovo” era la costruzione del “socialismo in un solo paese”. E pazienza per i danni collaterali, come qualcuno chiamerebbe oggi i milioni di morti.
Ma la retorica delle narrazioni che esaltano il “nuovo che avanza”, è una foglia di fico avvizzita: chi vuole, può vedere tutto, chi non vuol vedere l’evidenza, crede a qualsiasi cosa venga raccontata. E allora vale la massima biblica secondo la quale di veramente nuovo sotto il sole non c’è mai niente.
Insomma, il nuovo è vecchio, ed il vecchio è il nuovo.
Ad esempio, quando si legge che Stefano Faiotto è il “nuovo” presidente della Fondazione Fai-Cisl può scappare un sorriso: con tutto l’affetto per Stefano, a via Tevere 20 lui non è certo il nuovo che avanza (e neppure “gli avanzi del nuovo”, come diceva la battuta cara a Franco Orsomando negli anni ’90).
Al massimo lui può essere l’usato sicuro.
Dopo il sorriso, c’è poi da riflettere su un errore piccolo, eppure significativo come un lapsus freudiano: nel comunicato sul lieto evento, si legge che Stefano nella Fai “ha esercitato anche il ruolo di segretario nazionale dal 2004 al 2013”.
Fino al 2013 “de che?”, come si dice a Roma. Ma chi scrive queste cose lo sa che cosa è successo nella Fai nel 2014? E non c’è nessuno che controlla quel che si manda in giro? Oppure l’errore è una falsificazione intenzionale, in stile stalinista?
Stefano, se si sta ai fatti e non alle narrazioni di comodo, è stato nella segreteria nazionale fino al 31 ottobre 2014, cioè fino al giorno dell’illegittimo commissariamento della Federazione; e questo ne fa un compartecipe del disegno della fusione con la Filca, che fu bocciato nella notte dell’Ergife. Quindi, era uno degli ufficiali della nave guidata da Augusto Cianfoni che è affondata sugli scogli del voto segreto; eppure è sopravvissuto, e ora con questa nomina raccoglie i frutti dell’aver sempre esercitato la prudenza più del coraggio (due virtù, per carità, entrambe stimabili). Mentre chi ha impedito lo scioglimento della Fai (perché questo era in gioco, e la fusione con la Filca era una cosa conseguente ma distinta) non è sopravvissuto perché, come nell’Unione sovietica, quel che conta non è la verità o chi ha avuto ragione dai fatti, ma chi si impone sul piano politico con la forza. E chi soccombe è un traditore da eliminare.
Ora però a Via Tevere 20 qualcosa è cambiato: e per questo è stata smantellato (ci riferiamo anche, ma non solo, a presidente e vicepresidente della fondazione messi da parte) quell’asse “Calabria più vecchia Fat”, ovvero “forestali compatti più alimentaristi sparsi”, che era stato imposto da Sbarra per governare la Fai nel proprio interesse e contemporaneamente liquidare la vecchia Fisba e la sua storia gloriosa (perché il dottore dell’Anas è rancoroso e vendicattivo, con due t).
Nel nuovo corso, possono ora tornare a galla anche pezzi di vecchia Fisba, come Stefano. E magari attraverso la “Fondazione Fai studi e ricerche” possono pensare che sia l’ora di riscrivere la storia della Fai e della mancata fusione con la Filca, facendo finta che questa era già da allora la linea voluta dal gruppo veneto che guida ora la federazione. Proprio come si faceva nell’Urss, la politica decide della verità da raccontare.
Ma la verità, invece, è nei fatti. E la storia c’è chi la fa e la può raccontare in diretta, come abbiamo fatto noi opponendoci al commissariamento e creando questo blog, e c’è chi invece la racconta a posteriori per giustificare le scelte di allora. Chi esercita il coraggio, e ne paga il prezzo, fa la storia; altri, al massimo, raccolgono i frutti della loro prudenza.
Non c’è niente di nuovo sotto il sole.
Ex Fai per il9marzo.it