Arrivato al quarto numero, il nostro bollettino di documentazione (che offriamo a tutti, amici e meno amici) si riallaccia all’usanza che fu della Fisba, e poi della Fai, di portare avanti riflessioni non occasionali e non strumentali sulla dimensione internazionale del sindacalismo. In particolare ci occupiamo della Svezia, un sistema di relazioni industriali che spesso viene usato strumentalmente (come del resto accade per quello tedesco), a sostegno di tesi che la storia svedese smentisce più che confermare..
In particolare pubblichiamo parte di una relazione di Svante Nycander, un commentatore di cose sindacali svedesi, che confuta le interpretazioni corporative (e neocorporative) del sistema, e che in altre sedi (come nel suo intervento alla Fondazione Giulio Pastore nel 2011, nell’ambito dei seminari in onore di Mario Grandi) escluse chiaramente che la chiave del successo del sindacalismo in Svezia fosse da cercare nel “modello Ghent”, ossia nella partecipazione sindacale alla gestione dei trattamenti di disoccupazione e di sicurezza sociale (come si leggeva fino a poco tempo fa, e speriamo di non leggere più, anche nei documenti della Cisl).