Sta per essere fissata la data dei cinque referendum ammessi dalla Corte costituzionale. Quattro parlano di lavoro, il quinto parla di accesso alla cittadinanza. Temi sui quali una confederazione sindacale seria farebbe bene a pronunciarsi nel merito per motivare la scelta di votare sì, no o astenersi per far mancare il quorum. Tutte scelte egualmente lecite, ma bisognose di motivazioni.
La nuova segretaria generale, invece, ha già fatto capire che Via Po 21 seguirà la logica del “vincere facile” e punterà sull’astensione fisiologica per poter dire che la Cgil, promotrice di quattro dei cinque referendum, avrà perso la sua scommessa e rinfacciarle di sollevare polemiche politiche più che sindacali sul jobs act.
Che la Cgil abbia una forte tendenza alla politicizzazione non è una novità; ma questo non basta a dimostrare che l’iniziativa sia sbagliata nel merito. E comunque l’obiezione di Via Po 21 è rovesciabile da chi volesse rispondere che anche essere contro il referendum sul jobs act può avere motivazioni egualmente politiche anche se opposte a quelle dei promotori.
Leviamo di mezzo allora il quesito più discusso, ma forse meno importante, e proponiamo qualche considerazione di merito per guardare con simpatia ad almeno due quesiti.
Il primo è quello sulla cittadinanza. Oggi in Italia può avere il passaporto chi ha un bisnonno o un trisavolo emigrato nell’Ottocento, e magari non parla italiano, non è mai stato in Italia, sicuramente non ha mai pagato un soldo di tasse qui (e magari, quando c’è Italia-Brasile o Italia-Argentina fa il tifo per gli altri). Mentre ci sono persone che vivono e lavorano qui, parlano italiano, hanno dei figli che fanno le scuole qui (e che tiferanno assieme a noi se e quando ci qualificheremo di nuovo ai mondiali), ma per le quali l’accesso alla cittadinanza è un percorso a ostacoli fatto apposta per impedire l’accesso, come in un racconto di Kafka.
Votare sì al referendum può essere allora una maniera, quale che sia l’affluenza, per chiedere una normativa meno provinciale e ottocentesca. E meno kafkiana.
Il secondo referendum meritevole di sostegno è quello sul contratto a tempo indeterminato. E qui facciamo parlare la storia della Cisl e della nostra Fisba.
Il principio per cui il contratto è di regola a tempo indeterminato (che non vuol dire affatto il “posto fisso”) e il contratto a termine è l’eccezione che deve essere giustificata è una battaglia storica vinta dai sindacalisti della Cisl eletti in parlamento. Pastore e tutti gli altri presentarono una proposta di legge già nel 1956 (Disciplina dei contratti di lavoro a termine, C2193) che poi fu ripresa, primo firmatario Storti, nella legislatura successiva (Disciplina del contratto di lavoro a termine, C135) e, assieme ad un’altra iniziativa a firma di Brodolini, arrivò all’approvazione della legge 230/1962 con l’impegno determinate, come relatore, di Amos Zanibelli, segretario della Fisba, che guidò i lavori del comitato ristretto dove fu elaborato il testo definitivo (v. l’intervento del 15 novembre 1961 nel libro a cura di Aldo Carera e altri, Percorsi di un uomo, Fisba-Cisl, 1988, vol 2, pp. 787-798).
Quindi l’unico modo di essre fedeli a questa storia, la stessa storia che da dieci anni questo blog difende, è votare un grosso “SÌ” a questo quesito, qualche che possa essere l’affluenza, e lasciare che chi non conosce la storia né dell’organizzazione che guida né di quella da cui viene perda tempo a parlare in tv leggi sulla partecipazione che non miglioreranno in nulla la condizione salariale e normativa delle persone che vivono del lavoro.
Giovanni M. per il9marzo.it
Sono d’accordo sul sostegno ai due referndum citati e aggiungo che lo stesso sostegno va dato a quello relativo ai sub appalti. Adriano Serafino
Quindi per onorare la storia della Fisba dobbiamo far finta che il mercsato del lavoro sia lo stesso del 1960.
Inoltre vedo che le vostre fonti s’infiacchiscono: c’è un lungo e articolato documento CISL che spiega le ragioni del no ai referendum e illustra le proposte sul buon governo del mercsto del lavoro. Del 2025, non di 75 anni fa.
E, guarda un po’, c’è anche l’incentivo al tempo indeterminato.
Siete solo dei livorosi malvissuti, capaci esclusivamente di offendere.
E tu che sei un benvissuto che non offende nessuno, perché allora ci offendi?
Perché non sono cristiano, e non porgo l’altra guancia.
Perdonaci, ma se tu, in risposta ad un post che propone alcuni argomenti senza attaccare nessuno e senza offendere nessuno, ci dai dei “livorosi malvissuti” e se, in risposta ad nostra una domanda dici che non porgi l’altra guancia, accesandoci così implicitamente di averti metaforicamente schiaffeggiato (cosa che non esiste), dimostri solo di non credere nel principio di non contraddizione. Che non è nel Vangelo ma è stato scoperto molto prima.
Se gli argomenti del “lungo e articolato documento” sarano gli stessi che girano dalla fine del secolo scorso, anche i risultati saranno gli stessi: occupazione poca e spesso non stabile e salari fermi.
Sessant’anni fa, invece, il percorso era inverso: crescita dell’occupazione, stabiltà, aumento dei salari. Usando sia la legge che il contratto.
Chi ha fatto meglio, la Cisl di ieri o quella di oggi?
L’hanno presa bene a Via po…
Non sono né di Po, né di Tevere. Solo una persona pensante estremamente delusa dai toni arroganti di ex sindacalisti evidentemente non ce la fanno a fare analisi senza offendere.
Perdonaci, ma qui l’unico che offende, e che si offende senza motivo, sei solo tu. Le cose offensive noi non le pubblichiamo mai. Da dieci anni. E se dici il contrario sei un bugiardo che non avrà diritto di replica.
Punto e basta.
Senza livore. Per orientare il voto al referendum, ritengo che la cosa più importante sia leggere le motivazioni con le quali la Corte li ha dichiarati legittimi.
Mi lasciano abbastanza indifferenti i volantini ovviamente entusiastici di chi li ha promossi ma anche quelli di chi li vorrebbe affossare per principio oppure di chi, sotto sotto, ha l’obiettivo di non far raggiungere il quorum. Un obiettivo certamente legittimo ma che male si coniuga con la parola partecipazione usata moltissimo in questi mesi.
Per esempio quando si votò nel 1985, per il referendum sulla scala mobile, Carniti , Marini e la Cisl si schierarono, insieme alla UIL e mi pare ad una parte della CGIL, per votare no. Marini disse “non possiamo sperare di vincere con l’astuzia” sconfiggendo l’idea dell’astensione. La storia ci dice che questa idea vinse nelle urne perché si raggiunse il quorum (77%) e il referendum fu respinto perché la maggioranza( il 53% ) degli italiani (votanti) barrò il NO nell’urna. La si può pensare come si vuole, ma la cosa più bella sarebbe che molti italiani votassero e dicessero la loro. Canterebbe vittoria chi ha sostenuto la tesi che si afferma e non chi astutamente non va a votare e fa decadere il referendum non sui contenuti ma sulla forma.
Detto ciò, trascrivo quanto dice la Corte Costituzionale che mi convince a votare si per il referendum sulla responsabilità dell’imprenditore committente nonché su quello che riduce i tempi di ottenimento della cittadinanza italiana, promosso da Più Europa e che ho firmato anche io con convinzione. Sugli altri devo ancora studiarli ma sembra che ci sia tempo fino a giugno.
AMMISSIBILE IL REFERENDUM SULLA RESPONSABILITÀ
DELL’IMPRENDITORE COMMITTENTE
Con la sentenza numero 15, la Corte costituzionale ha dichiarato ammissibile la richiesta di referendum popolare per l’abrogazione dell’articolo 26, comma 4, del decreto legislativo 9 aprile 2008, numero 81, limitatamente alle parole «Le disposizioni del presente comma non si applicano ai danni conseguenza dei rischi specifici propri dell’attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici.», dichiarata conforme a legge dall’Ufficio centrale per il referendum, costituito presso la Corte di cassazione, con ordinanza del 12 dicembre 2024.
La Corte costituzionale ha osservato che la norma oggetto del quesito non interferisce con le materie per le quali l’articolo 75, secondo comma, della Costituzione preclude il ricorso all’istituto del referendum abrogativo.
Il quesito rispetta i requisiti di chiarezza e semplicità, essenziali per garantire il
popolo nell’esercizio del suo potere sovrano.
Dalla formulazione del quesito si evince in modo inequivocabile la finalità di
rafforzare la responsabilità dell’imprenditore committente.
Il quesito tende a un esito lineare e pone al corpo elettorale un’alternativa netta: «il mantenimento dell’attuale assetto della responsabilità solidale, contraddistinto da deroghe significative, o l’integrale riespansione di tale responsabilità, senza alcuna eccezione per i danni prodotti dai rischi tipici delle attività delle imprese appaltatrici e subappaltatrici».
È dunque garantita quella scelta chiara e consapevole, che il giudizio di ammissibilità demandato alla Corte costituzionale è chiamato a salvaguardare.
Roma, 7 febbraio 2025
più fondazioni che iscritti
Pronta la nuova fondazione per Benaglia. che ovviamente aveva detto che sarebbe andato solo in pensione e non avrebbe più parlato di sindacato.
E’ stato richiamato a gran voce perché indispensabile. O perché il regolamento prevede che lo paghino da segretario generale fino si 67 anni.
Doveva lasciare posto a Uliano (che finiva i mandati, dopo 12 anni a Roma). E’ stato ricompensato.
Accostare il nome di Carniti e la sua storia a Benaglia un funzionario confederale che non ha mai fatto un iscritto in vita sua….. é opera solo
di chi non ha mai amato né stimato Carniti.
Scusa Admin, ma non hai scritto pochi giorni fa che da questo blog sono banditi i post riguardanti quella che chiami la guerra interna alla Fim?
Confermiamo.