Con l’uscita prossima di scena di Sbarra, speriamo che esca di scena anche l’equivoco del “novecento sindacale” da superare. Espressione usata per dire che la legge sulla partecipazione proposta dalla Cisl avrebbe dovuto inaugurare una nuova era delle relazioni sindacali, all’insegna della collaborazione invece che del conflitto e degli scioperi.
A dimostrare l’inconsistenza (non della partecipazione in sé, ma) dell’idea per cui una legge che assegnasse qualche posto in qualche consiglio a qualche sindacalista chiuderebbe il Novecento sarebbe bastato osservare che l’idea di negare il conflitto industriale con questi accorgimenti risaliva all’Ottocento. E non ha mai funzionato.
Ad ulteriore smentita, se ce ne fosse bisogni, arriva ora l’esempio che viene dalla realtà industriale più partecipata del paese più famoso nel mondo per le leggi sulla partecipazione.
La Volkswagen, gruppo dove i dipendenti hanno più diritti di partecipazione di tutte le imprese tedesche, si trova di fronte ad un’ondata di scioperi. Il che non è strano, visto che in ballo ci sono le possibili chiusure di diversi stabilimenti.
Quindi non è vero che dove c’è la partecipazione (di più, la cogestione alla tedesca) lo sciopero diventa un relitto del passato.
Semmai è vero che dove lo sciopero viene usato con saggezza ma senza timori la classe lavoratrice sa difendersi meglio. Nel Novecento come oggi.
Giovanni M. per il9marzo.it
Quindi l’esempio della Volkswagen dovrebbe farci pensare che puntare sulla partecipazione sia la scelta sbagliata??
Mentre lo sciopero, fatto nei momenti opportuni è il top!!
Semplificazioni generaliste!!
Se facevo la cubista era meglio!!
L’esempio della Volkswagen dimostra che la scelta partecipativa non esclude il conflitto. Ed è da analfabeti pensare che l’una escluda l’altro.
In Italia non esiste sede di confronto ad oggi. Siamo il peggiore esempio
https://www.avvenire.it/economia/pagine/la-donna-di-origini-italiane-che-guida-gli-scioperi-alla-volkswagen
Bisognerebbe sostituire un segretario calabrese con questa sindacalista calabrese, chapeau, che vale mille volte il nostro.. per non dire quella che l’ha preceduto