“… perché il fatto non costituisce reato”

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“… perché il fatto non costituisce reato”

admin 13 dicembre 2020 0 Commenti

La critica sindacale, si sa, non è roba da damerini. Anzi, una certa franchezza nel parlare, il ricorso ad un linguaggio forte, è espressione dell’importanza di ciò di cui si parla, del fatto che si crede a ciò che si dice. Chi ha fatto sindacato lo sa; chi non lo ha fatto, o lo ha fatto tanto tempo fa e non si ricorda più come vanno queste cose, o magari non ci crede più,  rischia di prendere delle cantonate

Ricordiamo che Fausto Scandola fu espulso dalla Cisl (in piena estate, senza essere stato ascoltato a propria difesa e senza rispetto dei termini processuali a sua garanzia dopo il giudizio di primo grado) dal collegio dei probiviri attivato dalla segreteria confederale che lamentava, appunto, lo scarso garbo da lui usato nel rivolgersi ad una signora come il segretario generale in carica. A un iscritto che aveva sollevato, con parole schiette, il problema dell’etica sindacale, il collegio dei probiviri aveva applicato la sanzione più pesante per il mancato rispetto dell’etichetta, del saper come ci si deve comportare fra gente di un certo livello.

Ma ancora peggio, per certi versi, aveva fatto l’allora segretario generale dell’Unione interprovinciale Cisl Asse del Po Giuseppe Demaria, che aveva addirittura preso la via del tribunale per una querela contro nove sindacalisti accusandoli di aver offeso la sua reputazione con lettere di protesta ai giornali locali. Il caso era quello della Fai locale, dove la maggioranza cremonese aveva espunto la componente mantovana, agendo anche (secondo lo stile e l’uso introdotti dopo il commissariamento del 2014) con l’uso strumentale del potere di revoca del distacco sindacale. Cioè licenziando il sindacalista sgradito con un atto che solo tecnicamente non è un licenziamento ma ne ha tutte le conseguenze (e, quando non c’è una giusta causa, tutta l’odiosità dell’atto feudale di un esercizio arbitrario e padronale del potere). E tutto questo sarebbe successo, secondo la protesta dei sindacalisti querelati, con la partecipazione attiva dell’Unione, cioè di Demaria.

Invece di prendere atto della critica e rispondere nel merito, come vuole la regola del confronto democratico sia all’interno che all’esterno dell’organizzazione, e invece di andare dai probiviri della Cisl (come a suo tempo era stato rimproverato a Fausto Scandola di non aver fatto), Demaria ha sporto querela: cioè ha chiesto che un Tribunale della Repubblica, nel nome del popolo italiano, dichiarasse nove sindacalisti colpevoli di aver violato le leggi dello stato per aver espresso con chiarezza il proprio pensiero, e punirli di conseguenza. Una domanda improvvida, che ha avuto la risposta che si merita, nonché l’unica possibile: la critica non costituisce reato. Lo ha detto il pubblico ministero, chiedendo l’assoluzione, lo ha confermato il giudice distinguendo fra il linguaggio della polemica, che è sempre lecito, da quello dell’insulto gratuito che è un’altra cosa. Le motivazioni, che si possono leggere di seguito, sono chiarissime.

Ora resta un problema: chi paga il conto? Perché il signor Demaria ha agito, come è riportato nella decisione, “in proprio e quale Segretario Generale (all’epoca) dell’Unione Sindacale Territoriale C.I.S.L. Asse del Po di Cremona- Mantova”: cioè non ha lamentato solo un danno a sé, ma anche sostenuto che l’esercizio della critica da parte di chi dissente è un danno all’organizzazione.

Ma alla fine il danno all’organizzazione, probabilmente, lo ha fatto lui perché le spese processuali, che di solito sono a carico della parte soccombente, finiranno alla Cisl di Cremona e Mantova. E così i soldi degli iscritti, dopo essere stati usati per pubblicazioni di dubbio gusto (come risulta dalle motivazioni) servirano a coprire le spese di una querela che non aveva alcuna ragione di essere.

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Tribunale di Mantova

Sezione del Giudice per le indagini preliminari

(omissis)

All’udienza preliminare gli imputati PALAGIANO EMANUELE,  MAFFEZZONI SILVANO, CERESOLA GINO,MARINONI VITTORINO,POLI CURZIO, FORTUNATO ANGELO, MARCONI FRANCO chiedevano e ottenevano di essere giudicati con rito abbreviato.

All’esito della discussione orale, dopo che l’imputato Marinoni aveva reso brevi dichiarazioni spontanee, veniva pronunciata sentenza di assoluzione.

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Deve essere accolta la richiesta assolutoria avanzata anche dal P.M. I fatti possono essere ricostruiti in sintesi nei seguenti termini .Gli odierni imputati , sindacalisti o ex sindacalisti della CISL, sottoscrivevano una lettera , pubblicata sui quotidiani “Gazzetta di Mantova” e “Voce di Mantova” rispettivamente il 21.02.2018 e 24.02.2018 con ii titolo “SOS Sindacato. Sui licenziamenti in Fai intervengano i vertici” e in cui sì affermava, fra l’altro : “Sull’ignobile licenziamento dei tre sindacalisti Fai-Cisl di Mantova e l’allontanamento di una decina di storici delegati mantovani, dopo mesi di proteste, lettere e articoli di stampa, appare una lettera di condivisione entusiasta di tale operato dei capi Fai e Cisl Asse del Po , a firma di Franco Carboni. I segretari cremonesi della Fai e Cisl Zaffanelli/De Maria sicuri ispiratori della lettera, per giustificarsi, avrebbero potuto affidarsi ad una firma meno stonata – Carboni è noto non tanto come sindacalista, ma come autore di racconti “ad alto tasso erotico”. Un libro “M’Assaggiami” ed. Caosfera, senza successo. Praticamente invenduto se non per le 50 copie magnanimamente acquistate dal segretario generale Ivan Zaffanelli ,per il coordinamento donne e la formazione .Un finanziamento senz’altro pagato con i contributi sindacali trattenuti dalle buste paga dei lavoratori iscritti . Il licenziamento dei tre sindacalisti e l’allontanamento dei delegati comunque è in atto. La Cisl Asse del Po non ha avuto scrupoli nel cacciare via tre operatori colpevoli di essere invisi al segretario -padrone Zaffanelli Non ci sono altre motivazioni e se lo dicono sono balle, calunnie.Zaffanella e De Maria ,previamente informato, con questi licenziamenti hanno inflitto ai tre sindacalisti sofferenze e umiliata la dignità loro, della Cisl e di tutto il Sindacato. Sono questi i valori e lo stile adamantino portati da questi sindacalisti cremonesi, i nuovi padroni, sposati anche da sindacalisti della Fai e della Cisl mantovana ? Se è grave un licenziamento padronale, quello del tuo sindacato lo è ancora di più”.

In data 8.05.2020 Demaria Giuseppe ,in proprio e quale Segretario Generale (all’epoca) dell’Unione Sindacale Territoriale C.I.S.L. Asse del Po di Cremona- Mantova sporgeva denuncia-querela ne! confronti dei firmatari della lettera per diffamazione a mezzo stampa .

E’ pacifico che la lettera facesse riferimento alla revoca dell’aspettativa sindacale nei confronti di tre soggetti (cfr. lettera di revoca del 29.07.2017 inviata da Zaffanelli Ivan a Maffezzoni Andrea ,prodotta dall’Avv. Finocchiaro all’udienza del  14.01.2020),definita “licenziamento” e all’allontanamento di una decina di RSU da parte della Segreteria Fai e Cisl Asse del Po.

Secondo consolidata giurisprudenza, a proposito della critica politica ,che ricomprende, in senso ampio, anche quella sindacale, “Sussiste l’esimente dell’esercizio del diritto  di critica politica qualora l’espressione usata consiste in un dissenso motivato, anche estremo, rispetto alle idee ed ai comportamenti altrui, nel cui ambito possono trovare spazio anche valutazioni non obiettive, purché non trasmodi in un attacco personale lesivo della dignità morale ed intellettuale dell’avversario“ (ex multis Cass. sez. V n. 46132 del 13.06.2014); per quanto concerne specificamente la critica sindacale la S.C. ha stabilito (sez. V n. 46424 del 25.09.2013) che “in tema di diffamazione, l’espressione del diritto di critica ad una condotta tenuta nell’ambito di attività sindacali è consentita anche mediante l’uso di un linguaggio più libero ed incisivo caratterizzato anche da espressioni forti e pungenti” . (Nella fattispecie, la Corte di Cassazione ha ritenuto che l’espressione ‘mascalzone”, una volta contestualizzata nell’ambito di una polemica sindacale, avesse perso l’oggettivo impatto diffamatorio); nella motivazione di quest’ultima pronuncia la Corte ha puntualizzato che “nell’esercizio del diritto di critica, il requisito della continenza è superato solo in presenza di espressioni che, in quanto gravemente infamanti e inutilmente umilianti, trasmodino in una mera aggressione verbale del soggetto criticato” ) . Nel nostro caso gli imputati, pur avendo utilizzato toni fortemente accesi e polemici nei confronti (anche) di De Maria per le decisioni adottate (o comunque da questi avallate; al riguardo cfr. comunicato del 25.07.2017 a firma Demaria ,prodotto dall’Avv. Finocchiaro all’udienza del 14.01.2020) , non lo hanno attaccato sul piano personale e nella sua sfera morale.

La definizione di “padrone” e l’utilizzo improprio del termine “licenziamento” definito “ignobile”, con riferimento alla revoca , ritenuta arbitraria, dell’aspettativa sindacale nei confronti di tre soggetti, sono giustificati dall’asprezza e vivacità della polemica, che comunque non è trasmodata in aggressione gratuita, non pertinente rispetto al tema in discussione e strumentalmente estesa ad ambiti estranei alla specifica contesa. Quanto al riferimento all’acquisto di copie del libro “M’Assaggiami” , non si tratta di condotta attribuita al querelante Demaria, bensì a Zaffanelli Ivan, così come emerge chiaramente dalla lettura della lettera pubblicata sui quotidiani .

Quanto all’UST CISL Asse del Po, non si vedono ragioni per ritenere che tale polemica , estremamente aspra ma pur sempre fisiologica nell’ambito sindacale , possa aver comportato un danno alla reputazione dell’ente sindacale rilevante penalmente ex art. 595 c.p..

In conclusione . risultando la condotta degli imputati scriminata ex art. 51 c.p., costoro devono essere assolti dal reato loro ascritto ai sensi degli artt. 442,530 c.p.p. perché il fatto non costituisce reato. —

P.Q.M.

visti gli artt. 442, 530 C.p.p. assolve PALAGIANO EMANUELE, MAFFEZZONI SILVANO, CERESOLA GINO,MARINONI VITTORINO, POLI CURZIO, FORTUNATO ANGELO, MARCONI FRANCO dal reato loro ascritto perché il fatto non costituisce reato.  

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