Il professor Tiziano Treu è stato nominato dal governo presidente del Cnel. Ed a chi gli fa notare la cosa strana di essere presidente di un consiglio che sarebbe stato soppresso dal referendum costituzionale del quale egli era sostenitore, lui risponde, come fa al Corriere della Sera di oggi, che meglio un presidente 77enne come lui che “lasciar marcire” questo organo di rilevanza costituzionale.
E quando gli si chiede “È convinto che il Cnel serva?”, lui risponde perentorio come sempre: «Sì, c’è in tutti i Paesi europei, anche la Ue ne ha uno».
Affermazione interessante. Solo che durante la campagna referendaria i fautori del Sì dicevano il contrario: dicevano che il Cnel era un residuo del corporativismo, se non del fascismo. E che, insomma, in Europa eravamo solo noi a tenerlo in vita. Perché allora il professor Treu non disse allora che le cose non stavano così? Perché non disse che anche nella Ue c’è una cosa analoga al Cnel (non proprio la stessa cosa, ma qualcosa di simile) e si chiama Comitato economico e sociale europeo? Un organo numeroso (solo i membri italiani sono ben 24) e che quindi, solo di rimborsi spese per i viaggi, costa ai contribuenti più di quel che costava il Cnel italiano?
Evidentemente, ai tempi del referendum, si esagerava nelle argomentazioni, da una parte e dall’altra. Ma è anche evidente che le cose ci sembrano inutili finché non servono a noi. E allora è normale che, nominatone presidente, il professor Treu scopra che il Cnel ha funzioni importanti come l’archivio dei contratti collettivi o la certificazione della rappresentatività. Cose che, per la verità, c’erano anche prima del suo arrivo.
Solo che anche stavolta Treu non dice proprio le cose come stanno: perché se era un falso dire “solo in Italia c’è il Cnel” non è proprio esatto neanche dire che un Cnel “c’è in tutti i paesi europei”.
O il professor Treu ci sa dire come si dice “Cnel” in tedesco?