Bentivogli, Faverin e Giulio Cesare

Il Bentivogli Marco e Giovanni Faverin sono l’uno il contrario dell’altro.

Uno è a capo dei metalmeccanici, l’altro del pubblico impiego. Uno esprime un sindacalismo dinamico e in prima fila nella trasformazione del lavoro su scala globale, l’altro un sindacato statico e identificato col mito novecentesco del “posto fisso”.

Uno scrive libri e va in tv dove parla di riforme, sindacato 2.0, industria 4.0, e altri numeri e concetti sempre molto all’avanguardia. L’altro parla poco.

Uno è figlio d’arte, l’altro è arrivato direttamente all’arte.

Uno va da Renzi alla Leopolda a sostenere il sì al referendum e a dire che il paese ha bisogno di riforme non importa quali purché siano riforme; l’altro non si sa neanche bene come la pensi sul referendum e quanto alle riforme renziane si sa che è contrario a quelle che riguardano la sua categoria, come quella delle camere di commercio.

Uno è al centro di un autentico culto della personalità: basta aprire il sito della Fim e appaiono le foto di Bentivogli al tavolo della contrattazione, Bentivogli che parla ai giovani, Bentivogli serio, Bentivogli che sorride, Bentivogli al congresso mondiale in Brasile … e poi il libro di Bentivogli, il video col discorso di Bentivogli sulle riforme, il video di Bentivogli dal papa (o del papa da Bentivogli?), i prossimi impegni di Bentivogli, l’ultimo articolo di Bentivogli, l’ultimo articolo su Bentivogli. Le foto dell’altro, invece, fa fatica a trovarle perfino Google.

Una cosa però ce l’hanno in comune: a giudicare dalle loro dichiarazioni dei redditi non sono fra quelli che guadagnano di più nella Cisl. Entrambi sono a circa due terzi, più o meno, di quel che dichiara un dottor Sbarra dell’Anas qualsiasi. Probabilmente, uno qualsiasi dei quattro segretari nazionali della Fai guadagna attualmente più di loro due.

Ma la cosa che in questo momento li accomuna è quello di essere degli atipici. In una Cisl orizzontalizzata e confederalizzata, dove anche la Fai ha ammainato la bandiera dell’autonomia, loro rappresentano due leadership fondate nelle rispettive categorie e non per grazia di Via Po 21. La Fim, forse con un po’ di alti e bassi, è sempre stata così; mentre per Faverin l’occasione di far valere l’autonomia della sua federazione è arrivata più di recente, cioè da quando la signora Anna Maria, come ha spiegato tempo fa Enrico Marro sul Corriere della Sera, sta cercando di occupare tutte le caselle dell’organigramma della Cisl con persone “a lei fedeli” in vista del congresso. E quindi deve liberare la casella di segretario generale del pubblico impiego.

Promuovere i fedeli è la maniera migliore per preparare la rovina certa dell’organizzazione (la fedeltà è un valore se è all’organizzazione, la fedeltà al capo, o capa che sia, si chiama servilismo e quindi incapacità di leadership); e infatti in questo caso l’operazione machiavellica congegnata dagli scienziati di Via Po 21 prevedeva la apparente promozione di Faverin a segretario confederale, per mandare al suo posto nientepopodimenoché il famoso Maurizio Petriccioli come garante dell’egemonia furlaniana sulla categoria.

L’operazione, che si sarebbe dovuta chiudere prima dell’estate ed è stata più volte rinviata, alla fine non si è fatta. E il perché lo sapeva bene anche Giulio Cesare, che diceva “meglio essere il primo in un piccolo villaggio che il secondo a Roma”. Ma chi me lo fa fare, ha detto più o meno Faverin alla signora Anna Maria, di mollare il posto di capo della mia federazione per venire qui ed essere l’ultimo arrivato dei sette nanetti di Biancaneve? Io ora faccio il congresso della mia federazione, vengo rieletto e poi, se mi volete a Roma, me lo dovete chiedere per favore, ed alle mie condizioni. Se vengo ora per grazia ricevuta da Via Po 21, raddoppio dello stipendio a parte, non conto più nulla.

Ecco che allora nella Cisl orizzontalizzata e fidelizzata ad una leadership mediocre come quella attuale, Giovanni Faverin rappresenta un caso atipico. Non che sia un gigante di sindacalista, anche perché della logica di premiare la fedeltà lui è un grande promotore all’interno della sua organizzazione. Che infatti non sta messa benissimo. Però ora, in una stagione congressuale che si annuncia appiattita sul livello dell’attuale segreteria confederale, e quindi deprimente, almeno c’è un elemento di curiosità: come finirà questa storia? Lo faranno fuori o dovranno venire a patti con lui? Poi, di certo, il mondo non cambierà per questo.

Quanto al Bentivogli Marco, lui non sembra avere problemi di controllo della federazione. Semmai nel suo caso c’è da chiedersi se l’essere andato ad incassare l’endorsement di Renzi alla Leopolda ed il suo presentarsi come l’unico vero interprete di un sindacato all’altezza dei tempi con libri e interviste non preluda al passaggio del Rubicone, al tentativo di puntare con le sue legioni alla conquista di Via Po 21, 00198 Roma. Perché se vuoi cambiare il mondo la Fim va bene fino ad un certo punto, ma poi devi puntare in alto. E se da mesi passi le tue giornate a spiegare perché solo tu rappresenti il sindacato all’altezza dei tempi allora prima o poi il dado lo devi buttare ed accettare l’alea di una vittoria o una sconfitta. Altrimenti quel che dici sono solo chiacchiere, moderne e riformatrici ma pur sempre chiacchiere.

Solo che qui, finora, il Bentivogli Marco è stato uomo di molte parole ma di pochi fatti. Al dunque, ha sempre accettato tutti i compromessi con un modo di fare sindacato che è la negazione di molte delle idee di innovazione che lui predica. Come quando Fausto Scandola ha rivelato la verità sui compensi all’interno della Cisl e lui disse che certe cose non erano tollerabili; ma poi si è accodato alla versione ufficiale e bugiarda dei “due o tre casi isolati”, fino a votare nell’esecutivo il nuovo regolamento economico che quelle stesse cose “inaccettabili” ha legittimato, mettendo un macigno sulla strada del cambiamento. E infatti perfino i “due o tre casi isolati” stanno ancora lì.

Il che, nella stagione congressuale, lo mette in una posizione un po’ contraddittoria. Teoricamente può essere il punto di riferimento per tutti quelli che vogliono un salto di qualità per la Cisl; praticamente quel che farà e dirà sarà poco rilevante. Comunque meno di quel che succederà a Faverin.

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5 Commenti - Scrivi un commento

  1. Credo che questo articolo aldila’ delle finalità per le quali credo sia stato scritto offende tutti coloro che sono stati allontanati, minacciati, brutalizzati dalla gestione Faverin. Ha commissariato tutte le federazioni regionali per metterci i suoi adepti con il plauso di bonanni, ha allontanato coloro che non sostenevano il duo brunetta/sacconi, ha distrutto il pubblico impiego, ha dilapidato un patrimonio di iscritti e di risorse, ha trasformato la sede di via lancisi in una sorta di bunker con tanto di veline….credo che sia un orrore nei confronti della cisl portarlo come esempio e i suoi sono solo calcoli come ha sempre fatto. Mi spiace ma avete proprio sbagliato esempio. Informatevi

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    1. … e infatti abbiamo scritto che “della logica di premiare la fedeltà lui (Faverin) è un grande promotore all’interno della sua organizzazione. Che infatti non sta messa benissimo”.

      Certo,se avessimo scritto solo di lui saremmo stati più espliciti. Avremmo potuto scrivere, ad esempio, che la sua resistenza alla linea Furlan fa il paio con quella di Lina Lucci in Campania. E che quindi c’è un’area bonanniana perdente che si sta organizzando contro l’area bonanniana vincente (cioè contro la Furlan).

      Ma a noi queste pseudo-guerre fra equivalenti interessano poco. Interessava mettere in evidenza che c’è chi appare molto ma combina poco. Persino meno di Faverin.

      Detto questo, se qualcuno si è sentito offeso ci dispiace molto e chiediamo scusa. Ma non possiamo promettere che non parleremo più di queste cose, perché parlare è l’unica cosa che ci è rimasta. E, anzi, suggeriamo anche a tutti coloro che sono stati “allontanati, minacciati, brutalizzati dalla gestione Faverin” e dai suoi commissariamenti di parlarne. Il 9 marzo è a vostra disposizione.

      Infatti qualcuno ricorderà un post dal titolo “gli illegittimi commissariamenti”, che potete trovare a questo link

      https://www.il9marzo.it/?p=2742

      E allora, forza e coraggio.

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  2. per quanto ne so penso che tra l’uno e l’altro c’è una grande differenza ma purtroppo in negativo nel senso che sono entrambi ambiziosi di potere però, uno Bentivogli é un pavido, ampiamente appagato di apparire, senza avere le palle per diventare un leader gli basta e avanza quello che ha.
    L’altro invece è di buon appetito e sa bene cosa vuole. Mira al soglio e giustamente (dal suo punto di vista) non può accettare compromessi. Se questa mia analisi dovesse trovare riscontro nei fatti (d’ora in avanti) penso che tra il disastro creato da Bonanni,continuato e ampliato dalla Furlan con Faverin arriverebbe al culmine perchè, se riesce nell’intendo di scalzare la Furlan non lo fa riportando la Cisl agli antichi valori ma semplicemente acuendo quelli negativi che già conosciamo. Che poi, nella guerra tra lui e furlan, si scannino tra di loro non può che farmi sommo piacere in particolare se alla fine muoiano dissanguati entrambi.
    Il Postino

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  3. Pier Luigi Trivelli · Edit

    Sono un iscritto della Cisl Fp, ed ho avuto incarichi nel sindacato a livello territoriale. Credo che Bentivogli abbia rappresentato per la base la speranza di un sindacato nuovo che uscisse dall’opacità in cui gli ultimi leadership l’avevano costretta. Conosco Faverin e sinceramente lo ritengo un Robespierre tinto di verde. Ho subito le angherie di Brunetta e c., mentre il nostro capo cazziava pubblicamente i rappresentanti che dissentivano. Credo che il sindacato tutto sia ad un bivio, o cambia o muore. Detto questo, credo che le ricette messe sul piatto servano solo a prolungare l’agonia di un’associazione ormai al collasso. Io mi sono battuto contro l’ingresso del confederale nei confronti della categoria, ma ne ho pagato le conseguenze. Dovremmo ricominciare da zero, fare una rivoluzione dal basso, ma invece ci avviciniamo ai congressi con regole scritte apposta per garantire Tizio o Caio, senza curarsi degli iscritti o più in generale dei lavoratori. Stiamo vivendo il momento delle oligarchie e chissà quando prenderemo coscienza che il sindacato è un’altra cosa. Anche il dibattito interno sulle questioni sindacali è volutamente evitato e di cose da dire c’è ne sarebbero a partire dai rinnovi contrattuali e dagli scioperi farsa. Ad maiora.

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