Doppio Viggiano: Jobs act e debito pubblico

Il nostro amico Luigi Viggiano prosegue con la sua opera di controinformazione.

Oggi i contributi sono due: uno sul jobs act ed i suoi presunti miracoli, l’altro sul debito pubblico

www.il9marzo.it

 

SVANITO L’EFFETTO INCENTIVI SEMPRE MENO CONTRATTI STABILI SINDACATI (CISL ESCLUSA) ALL’ATTACCO “E IL FALLIMENTO DEL JOBS ACT”- INPS NEI PRIMI 7 MESI DEL 2016 -33,7% RISPETTO AL 2015
Fino a prova contraria i fatti sono sempre stati più eloquenti e veritieri delle parole. Dico questo perché ricordo bene, con quanta enfasi e certezze la Furlan difendeva e magnificava il Jobs act; peccato però che, come da tradizione consolidata oramai, i fatti sono qui a smorzare gli ardori e cancellare le tante false speranze alimentate. Quando parlava di benefici la Furlan ometteva di dire per chi. I lettori ingenuamente pensavano si riferisse ai lavoratori. Sbagliato, certo lei sapeva che la dichiarazione sarebbe stata letta cosi ma sapeva anche che gli unici beneficiati certi e subito erano le imprese; non a caso il jobs act, secondo Brunetta è costato alla società 20 miliardi di euro ed oggi siamo in brache di tela come e più di prima. Così le imprese hanno incamerato i soldi e l’eliminazione di molti vincoli che tutelavano i lavoratori e questi ultimi?
Un detto dice che, errare umano ma perseverare è diabolico, ebbene per la legge di transizione dovremmo dire che la segreteria della Cisl è diabolica perché sapete cosa ha dichiarato Petteni sulla vicenda?  “ bisogna rafforzare il bonus per le imprese” ovvero continuare a metterlo in quel posto ai lavoratori piuttosto che ammettere di avere sbagliato. Una domanda che rivolgo a tutti ma in particolare ai nostri grandi strateghi: pensate che se i 20 miliardi di cui sopra se dati ai lavoratori non sarebbero stati più produttivi in quanto avrebbero incrementato i consumi e dunque stimolato la crescita.

PERCHE’ IL DEBITO PUBBLICO CRESCE NONOSTANTE L’AUSTERITA’ E L’INSERIMENTO NEL CALCOLO DEL PIL DEI PROVENTI DELLE ATTIVITA’ ILLECITE
Il nostro debito pubblico è il terzo al mondo per dimensione; pensate che il rapporto debito pubblico/pil è di quasi il 134%; secondo al mondo solo al Giappone. Questo perché nonostante gli innumerevoli sacrifici imposti almeno da un decennio, ai ceti bassi e medio bassi italiani, ha continuato ad incrementarsi anno dopo anno imboccando un percorso divenuto oramai inarrestabile. E’ vero che dal 2008 l’Europa non cresce e l’Italia ancora meno ma continuare a sostenere, come molti soloni italiani fanno, compreso la segretaria della Cisl che questo accade perché manca l’offerta quando in realtà è vero il contrario, manca la domanda. Non so a voi ma a me non risulta che con una domanda inevasa aumenti la disoccupazione e la deflazione. D’altra parte gli addetti ai lavori e i giornali per anni ci hanno detto che a parità d’offerta, se aumenta la domanda cresce l’inflazione e non la deflazione come invece sta accadendo. Una eventuale domanda insoddisfatta spingerebbe le aziende ad investire per produrre di più e dunque chiedere soldi a prestito per gli investimenti necessari, cosa che farebbe crescere il tasso d’interessi ed invece sappiamo che questi, in larga parte sono ormai, pari a zero o negativi.
Che senso ha, nella situazione descritta, parlare di aumentare la produttività delle aziende se non si consuma neanche la produzione attuale nel mercato interno e le esportazioni calano?
Come possono conciliarsi con questa realtà le analisi e le ricette che da anni ci propinano governo e sindacati (la CISL in particolare, sempre pronta a svendere pensionati e lavoratori) fatte di: austerità, riduzione della spesa pubblica e delle tasse e riforme strutturali. Come si può mentire così spudoratamente aggrappandosi al minimo accenno di ripresa (qualche decimale) durato fino ai primi mesi del 2016. omettendo di dire però che quella occasione fu conseguente all’introduzione del Q.E., al calo del prezzo del petrolio e ancor più ad una politica di bilancio più espansiva del solito, cosa che difficilmente potrà ripetersi perché dallo scorso anno molte cose sono accadute. Pensiamo al brexit e alla crisi delle banche italiane ed europee. Non è un caso se a fronte della brusca frenata evidenziata dai dati Istat degli ultimi mesi il governo era partito col chiedere un maggiore spazio di manovra sulla politica di bilancio (ovvero bissare lo scorso anno) cosa che difficilmente potrà realizzarsi dopo il no europeo e la presa d’atto e conferma del Ministro Padoan.
Una lezione che si può trarre da questa crisi è la conferma che le riforme strutturali proposte sono depressive e dunque recessive.
Abbiamo sperimentato anche che un aumento della massa monetaria col Q.E. non ha aumentato l’inflazione (per dirla con le parole dell’onorevole La Malfa: “il Q.E. é una condizione necessaria ma non sufficiente ad affrontare la crisi occorrono anche investimenti pubblici”;  ridurre la spesa pubblica è più depressivo dell’aumento delle tasse; l’austerità non riduce il debito pubblico che anzi continua a crescere; alzare l’iva è molto depressivo tanto che si cerca in tutti modi di evitare di far scattare le clausole di salvaguardia.
D’altra parte la prova che, stimolando la domanda era ed è la mossa giusta l’abbiamo dagli USA dove hanno ignorato le riforme strutturali concentrandosi sullo stimolo della domanda.
Ma allora perché, pur applicando gli interventi imposti dall’Europa, il nostro debito è addirittura aumentato? Come si spiega questo paradosso? Se si prova a individuare i fattori che hanno contribuito e contribuiscono alla crescita del debito pubblico si scopre che il principale è stato ed é la recessione conseguente alla crisi del 2007/08 per il semplice motivo che con la crisi diminuisce il Pil e con esso le entrate, cosa quest’ultima che fa aumentare il deficit e dunque il debito. Un altro fattore che alimenta il debito è la bassa inflazione o addirittura la deflazione; lo si comprende facilmente ricordando come diminuiva il valore reale del debito ai tempi dell’alta inflazione. Da non trascurare è anche la politica dell’austerità che ha fallito il suo obiettivo di disciplinare il bilancio ed in più ci ha precipitati in una recessione senza fine perché, applicando una politica fiscale restrittiva i cittadini hanno meno soldi da spendere e i consumi calano, di conseguenza la base imponibile diminuisce innestando così un circolo vizioso. Ma l’origine di tutti i mali è un lato oscuro della finanza quello cioè svolto dai grossi fondi speculativi perché sono loro che giocando con lo spread ci dissanguano e ricattano minacciando o facendo aumentare lo spread che vuol dire aumento degli interessi da pagare sul debito. E se gli interessi salgono, aumentano le uscite. Cosa che determina un aumento del deficit e dunque del debito. Scarsi risultati ha avuto anche l’artificio contabile che nel 2014 ci ha concesso l’Europa ovvero quello di aumentare il pil considerando anche il giro di affari di tutte le principali attività illecite come: commercio di droga, di armi, tabacchi, prostituzione, gioco d’azzardo e cosi via (non meravigliatevi più di tanto perché è proprio così); anch’io non volevo crederci ma approfondendo, come d’abitudine ho dovuto convincermi che è proprio così).  Però anche il beneficio di questa follia si è rivelato un fuoco fatuo perché è svanito dopo il primo anno (non vuol dire che é stato abolito ma fagocitato dal circolo vizioso). E così siamo ritornati all’antico con un DEBITO CHE IMPERTERRITO CONTINUA A CRESCERE.

Savona, 20 settembre 2016

L u i g i    Vi g g i a n o
F n p        S  a  v  o  n a

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Un Commento - Scrivi un commento

  1. Questa che: il giro d’affari dei mafiosi, trafficanti di droga, papponi , gioco d’azzardo ecc. vengono conteggiati ai fini della determinazione del PIL mi mancava. Ma vi rendete conto in che stato é ridotta la nostra povera ITALIA?

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