Il nuovo intervento di Luigi Viggiano prende spunto da un articolo di Savino Pezzotta sulla riduzione d’orario come strumento per promuovere l’occupazione (articolo che è stato ripreso anche dal sito www.sindacalmente.org e che trovate, con altri interventi a questo link). Il tema è di quelli che sono stati al centro di alcune battaglie sindacali negli anni passati e poi sono stati messi da parte, ma senza grandi riflessioni critiche.
Luigi Viggiano dice la sua, indicando strategie alternative; e noi ospitiamo il suo intervento chiedendo ad altri se vogliono intervenire per provare ad alimentare un po’ di dibattito invece di stare in silenzio ad aspettare il risultato dei conciliaboli di vertice fra governo e politica sulla solita riforma che si candida, come un po’ tutte quelle degli ultimi vent’anni, a produrre molti discorsi ed a cambiare poco o nulla.
Perché tutte le idee possono essere giuste o sbagliate; ma anche da un’idea sbagliata, correggendola, può venire fuori qualcosa di giusto.
Dal vuoto di idee, come quello che stiamo vivendo, non viene fuori nulla. Né di giusto, né di sbagliato.
www.il9marzo.it
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LAVORARE MENO LAVORARE TUTTI !!! SOSTIENE SAVINO PEZZOTTA NOI INVECE CHE:OGGI L’UOMO E’ IN CONDIZIONE DI POTER LAVORARE PER SCELTA E NON PER NECESSITA’. QUESTA E’ LA RIVOLUZIONE CHE DA QUALCHE TEMPO VIVIAMO SENZA AVERNE PIENA COSCIENZA PERCHE’ TENUTI RIGOROSAMENTE ALL’OSCURO DAI MEZZI D’INFORMAZIONE DISCIPLINATAMENTE ASSERVITI; RIVOLUZIONE CHE CRESCERA’ IN MODO ESPONENZIALE CON LE NUOVE GENERAZIONI FINO AD AFFERMARSI DEFINITIVAMENTE CAMBIANDO IN MODO RADICALE L’ATTUALE ORGANIZZAZIONE S0CIALE E MODO DI VIVERE
Di recente ho letto sul quotidiano “il Dubbio” un REPORT di un articolo di Savino Pezzotta relativo al concetto di “lavorare meno lavorare tutti”, cosa che io stesso ho più volte richiamato come esempio di buon sindacalismo, propositivo e costruttivo però penso che la proposta, per quanto era fattibile e innovativa ai tempi in cui Carniti la fece, tanto è superata oggi dagli eventi che nel frattempo si sono succeduti, in tutti i settori della società.
Con immutata stima e rispetto a Savino e al suo pensiero mi permetto di esprimere alcune osservazioni sull’argomento.
In premessa parto con un chiarimento di fondo che è il seguente: è noto ai più che, il lavoro per buona parte della storia dell’uomo, ha corrisposto direttamente alla sopravvivenza, dunque alla necessità di soddisfare i bisogni primari che si presentano tuttora a qualunque occasionale Robinson Crosue, dovesse trovarsi isolato per qualche tempo dal resto del mondo. E’ stata dunque la lotta per la sopravvivenza della specie che ha spinto l’uomo ad organizzarsi socialmente ed industriarsi per riuscirci al meglio. Ciò’ é tanto vero che ad ogni invenzione e scoperta ha sempre corrisposto un aumento della popolazione del pianeta che si espandeva occupando nuovi spazi. Oggi però la Terra è occupata tutta, da ben 7,5 miliardi di persone e purtroppo oltre lo spazio sono in via di esaurimento anche le risorse. Possiamo dire che finora, in modo, conclamato o tacito che fosse, il lavoro non è stato mai una scelta ma una necessità per sopravvivere.
Detto questo, quale è a mio avviso la novità derimente che sta cambiando il mondo presente e futuro? E’ che oggi l’uomo, per la prima volta nella storia, ha visto coronato con successo la sua lotta per la vita, conseguendo la possibilità di soddisfare i bisogni primari dell’intera umanità; grazie alla sua evoluzione tecnologica e sociale ma anche perché non ci sono più spazi e risorse sul pianeta che permettano una ulteriore espansione come era accaduto in passato.
La cosa più strabiliante dell’avventura umana sulla terra però è che la produzione dei beni necessari alla sopravvivenza oggi è possibile produrli, nella loro quasi totalità, con i robot (non è una frottola perché ci sono fior di studiosi che lo sostengono, argomentano e dimostrano con i loro scritti). Tutti concordano sul fatto che già oggi e ancora di più nel futuro il benessere sarà sganciato dal reddito, cosa che permetterà il libero arbitrio professionale, cioè la libertà di scegliere il nostro destino che potrà essere di fare tutto o niente, ma la scelta sarà libera ed individuale.
Per non essere prolisso più del necessario penso che il sindacato dovrebbe battersi non per la riduzione dell’orario di lavoro che comunque non risolverebbe il problema perché la disoccupazione è oramai diventata sistemica ed inarrestabile specie nelle attività esecutive e poco concettuali.
Il mio pensiero è quindi che il sindacato non debba lasciarsi sfuggire l’occasione di guidare la transizione dall’uomo operaio all’uomo consumatore, perché di fatto questo è quello che sta accadendo; è inutile voler negare la realtà, meglio prenderne atto e partecipare alla guida del cambiamento. Oggi, in malafede si sostiene che è la scarsa produttività alla base della crisi ma non è così, non è la manodopera a buon mercato che scarseggia ma il lavoro che sempre di più viene svolto dai robot che così rendono superfluo e antieconomico ricorrere agli uomini; questo dimostra che l’uomo non è più necessario alla società come operaio ma come consumatore perché le aziende producono se c’è domanda ovvero consumo ma per essere consumatore l’uomo deve avere i soldi. Aspetto del problema su cui concordano tutti; la divisione si ha sul come darli. Semplificando al massimo possiamo immaginare due correnti di pensiero una che propende per il reddito di cittadinanza, lo stesso Savino ha citato Paesi e istituzioni che lo hanno adottato o preso in considerazione; cosa che del resto non avrebbe né più né meno lo stesso impatto sociale che, come anche lui ricorda, ebbe “la riduzione d’orario giornaliero e settimanale che seguì alla prima rivoluzione industriale e che il sindacato usò per far godere anche i lavoratori di parte dei vantaggi che l’innovazione produsse” Non penso e non credo che riducendo i diritti e gli orari dei lavoratori si risolverà il problema ma piuttosto se ne prolungherà l’agonia rendendo le condizioni di vita talmente misere da essere poveri anche con un lavoro (come del resto già accade sempre più di frequente). Ribadisco dunque che l’obiettivo del sindacato dovrebbe si essere, come dice Savino, quello “di valorizzare le nuove e diverse forme di lavoro e in particolare quelle che sono orientate al beneficio della comunità, a migliorare le relazioni sociali e l’ambiente”, ma solo come libera scelta ed in aggiunta al reddito di cittadinanza. Savino invece esclude questa possibilità scrivendo che “Per realizzare un simile progetto, in primo luogo ci sono delle difficoltà oggettive che non possono essere sottovalutate come per esempio il costo o come conciliarlo col welfare”. Per quanto riguarda il costo mi permetto di osservare che col reddito di cittadinanza, accreditato a tutti direttamente sul conto corrente, si darebbe luogo ad un nuovo stato sociale non più assistenziale ma come riconoscimento di un diritto fondamentale che tutela la dignità e libertà dell’uomo. In questo modo si cancellerebbe tutto l’apparato burocratico necessario a gestire l’assistenzialismo selettivo, disintegrando così un enorme mangia mangia di risorse che il più delle volte supera abbondantemente quelle che arrivano agli aventi diritto senza dimenticare le innumerevoli truffe ordite da intermediari parassiti, e poi domando: perché lo stesso problema nessuno se lo è posto e se lo pone per quanto ci costa salvare e mantenere le banche e foraggiare le rendite speculative? Perché non si introduce la moneta elettronica che farebbe fuori tutto il denaro illegale non tracciabile evitando o quanto meno riducendo evasione, elusione ed esportazione illecita di capitali? Per quanto riguarda poi, il rischio di apartheid paventato nell’articolo tra chi ha un reddito da lavoro e chi vivrebbe di un reddito di base erogato dal pubblico lo ritengo un falso problema perché il lavoro non essendo vissuto come una imposizione ma liberamente scelto diventerebbe meno ostico e verrebbe scelto dall’interessato in funzione dei suoi desiderata e delle sue inclinazioni cosa che l’appagherebbe appieno migliorandone il rendimento. Nulla questio su formazione e qualificazione permanente per chi cerca maggiore conoscenza, aggiornamento e specializzazione nel suo campo.
La verità, che nessuno dice, è che il reddito di cittadinanza farebbe tabula rasa di una consistente parte della società italiana che vive di privilegi ed in modo parassitario, sulla restante parte produttiva formata dalle aziende, lavoratori e pensionati. Cerco di spiegarmi traendo spunto dalla trasmissione “Piazzapulita” del 16 agosto scorso che verteva sui furbi italiani e come lo Stato tollera, anzi incoraggia i furbetti che vivono alle spalle degli altri in modo che possano continuare, tra l’altro vantando il loro furto come un diritto: “Lo stato dovrebbe darmi di più”, diceva nella trasmissione un falso cieco che correva a una maratona. Le cifre in gioco sono tali che, se risparmiate e riscosse come imposte evase, risolverebbero i problemi di sicurezza, sanità, pensioni, etc. Ma questi furbetti che pure tanto danno arrecano alla società sono una goccia rispetto all’oceano parassitario delle tangenti, pizzi, e consimili con cui le diverse oligarchie, cominciando da quella politica, dissanguano l’Italia e gli italiani approfittando di EMERGENZE come: terrorismo, guerre, terremoti, immigrazione ecc. o CREANDO AD ARTE UNO STATO EMERGENZIALE. In conclusione, i veri motivi che ostacolano il reddito di cittadinanza non sono la mancanza di fondi e ancora meno il mondo delle imprese che in più occasioni hanno mandato segnali di non disdegnare la proposta, lo stesso mondo finanziario ha allo studio il cosiddetto elicopter money che potrebbe essere un modo per cominciare a sperimentare una forma di reddito di cittadinanza seppure temporaneo. Ma allora chi è che si mette di traverso all’iniziativa?
Sono quelle forze che con esso vedrebbero svanire tutto il potere d’interdizione, condizionamento e ricatto che, in nome di una ipocrita e falsa forma di democrazia, ha permesso loro di creare una rete di affari che proliferano ai margini ed in combutta con la politica e molto spesso nell’illegalità, come quasi giornalmente ci ricorda la cronaca giudiziaria. Una prova, invece lampante dell’utilità del reddito di cittadinanza lo abbiamo dalla decrescita dovuta, non alla scarsa produttività ma scarsa propensione ai consumi. Almeno due sono i motivi che dimostrano la non risolvibilità del problema con elemosine parziali e occasionali come hanno fatto e continuano a voler fare i governanti: il primo perché a differenza del passato anche una crescita non è detto che favorirebbe la ripresa dei consumi visto che i benefici andrebbero all’impresa super automatizzata e non a quel poco di occupazione che per resistere deve contentarsi di salari sempre più da fame; il secondo motivo è che questa crisi non è congiunturale come in altre occasioni quando bastava una spinta temporanea per farla ripartire oggi la crisi è sistemica perché le macchine non cesseranno di produrre anzi miglioreranno sempre di più aumentando la produttività ma anche la disoccupazione e dunque la caduta dei consumi.
S A V O N A, 26 Agosto 2016
L u i g i V i g g i a n o
F n p S a v o n a
Se ho ben, capito stante alla divisione che Luigi ha fatto immaginando la società schierata su due blocchi, i sindacati e tra questi la CISL in particolare; sia per il modo sia per lo sbafo di soldi che prendono e ancor più per come hanno ridotto la democrazia interna non possono certo essere catalogati con lavoratori, pensionati e aziende molto più gli si confa l’altro schieramento.
Poveri Padri fondatori della CISL si rivolteranno nella tomba nel vedere finire, il loro gregge cresciuto con tanta dedizione e passione, così ingloriosamente in balia di un branco di lupi famelici.
Viva il comitato di liberazione della cisl