La risposta giusta

“Per adesso limitiamoci a sottolineare il continuo imbarbarimento del sindacato, di qualsiasi sigla esso sia, avviato all’estinzione di cui non ci rammaricheremo. Anche per i lavoratori vale il proverbio: chi fa da sé fa per tre”.

Vittorio Feltri prevede la fine del sindacato. Lo fa sul Giornale di sabato scorso. Ma, a dir la verità, lo fa da più di trent’anni. Magari prima o poi c’indovinerà, ma per ora quel che dice non è nuovo né preoccupante.

Più interessante, almeno stavolta, è esaminare i nuovi esempi che il giornalista reazionario cita a sostegno della propria vecchia argomentazione.

L’esempio principale è quello di un sindacalista della Uil Trasporti in Campania, che ricattava un imprenditore minacciando scioperi e usando i soldi delle trattenute per fargli pagare il pizzo (quindi compiendo anche una truffa ai danni degli associati e dell’associazione).

Ovviamente, l’esempio è di quelli facili da usare per mettere in cattiva luce la categoria; ma non ci vuol molto, se si riflette, ad accorgersi che, per grave che sia il fatto, nulla autorizza a pensare che il comportamento di questa persona sia stato provocato dal fatto di fare il sindacalista o di appartenere alla Uil. Fatti di questo genere, purtroppo, accadono ogni giorno soprattutto in quella regione senza passare da alcun sindacato. Quindi l’esempio non dimostra nulla di specifico, fatta salva la necessità di stare molto attenti a chi ci si mette in casa.

L’altro esempio è quello di Landini. Non perché Feltri abbia nulla da rimproverargli sul piano dell’onestà o della trasparenza (ricordiamo anzi che lui da anni mette la busta paga sul sito della Fiom, mese per mese e senza sbianchettamenti: e guadagna la metà del dottor Sbarra dell’Anas), ma perché si compiace del fatto che da un po’ di tempo il segretario della Fiom sia pressoché scomparso da televisione e giornali.

Anche a noi Landini sembrava decisamente sovraesposto, ma che c’entra questo con il declino del sindacato in quanto tale? L’esempio ci sembra anzi dimostrare che, alla fine, anche la Fiom è un sindacato come gli altri, che forse si è resa conto che non vale la pena farsi applaudire nei talk show (questi sì in crisi profonda) se poi non porti a casa risultati per i lavoratori che rappresenti. Tutto sommato, più un segnale di vita che di morte imminente.

Semmai siamo un po’ preoccupati per il Bentivogli Marco. Perché da quando i media intervistano meno Landini, vanno più spesso da lui. Che dice cose ben più condivisibili, ma che ora corre il rischio della “landinizzazione”, di diventare un personaggio di successo, un fenomeno televisivo uguale e contrario al segretario della Fiom. E la tv è un po’ una droga, se cominci poi smettere è difficile, e ad un certo punto devi fare anche tu i discorsi da bar, come quelli che il Bentivogli Marco giustamente rimprovera al giovin presidente del consiglio.

Il terzo esempio di Feltri riguarda la Cisl. E lo riportiamo per esteso.

“Recentemente, si è verificato che alcuni (parecchi) dirigenti della Cisl si concedevano stipendi lauti per tutelare gli iscritti, la qual cosa ha suscitato scandalo: i compensi erano davvero esagerati, centinaia di migliaia di euro l’anno.Lo scandalo è stato silenziato per carità di patria. Ma la reputazione dell’organizzazione ha subito un duro colpo, tant’è che la Cisl attualmente conta come il due di picche, e la segretaria generale della medesima non ha alcuna credibilità”.

Qua sì che ci piacerebbe dare una bella risposta a questo provocatore antisindacale.

Già, ma quale? Al netto del linguaggio sgradevole e provocatorio, questo è l’unico esempio corretto dei tre che fa Feltri.

Per fortuna, la vicenda evocata dimostra anche un’altra cosa: che la Cisl non è solo l’organizzazione della signora Anna Maria, o del dottor Sbarra dell’Anas. E’ anche la confederazione, e prima ancora l’idea di sindacato, per cui Fausto Scandola si è battuto, letteralmente fino all’ultimo giorno, chiamandoci ad alzare la voce dentro alla Cisl, non ad uscirne.

Per questo, di fronte all’invito di Feltri ai lavoratori di fare a meno dei sindacati, noi la risposta giusta da dare ce l’abbiamo. E’ quella delle parole di Fausto:

“E’ molto facile dare la disdetta, ma non risolve il problema. Bisogna combattere, bisogna impegnarsi”.

Grazie ancora, Fausto!

 

 

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4 Commenti - Scrivi un commento

  1. UNA SOLUZIONE ALLA CRISI DEL SINDACATO SE SI VUOLE C’E’
    A mio avviso i sindacati oggi vivono una doppia crisi ovvero: quella della società e quella propria che si è acuita in modo esponenziale e lampante nell’ultimo anno. La prima osservazione che si può fare e che i sindacati non L’hanno prevista o, e sarebbe molto grave, lo sapevano ma hanno chiuso gli occhi per non vedere. A seguire è poi arrivata la rottura col governo divenuta insanabile quando Renzi, senza tanti giri di parole, ne ha decretato la rottamazione; poco conta l’avere indorato, a posteriore, la pillola con “ascoltiamo ma poi decidiamo noi e se li avremo contro ce ne faremo una ragione”.
    In questa situazione, estremamente critica di tutto il sindacato, la Cisl ci ha aggiunto del suo con almeno due aggravanti: una l’essere rimasta priva di un “riferimento politico di peso e di centro” e l’altra conseguente allo scandalo-SCANDOLA, (tuttora in attesa dei chiarimenti e provvedimenti conseguenti necessari per recuperare un minimo di credibilità) che come un parafulmine ha attirato e attira su di noi tutte le colpe che SICURAMENTE CI SONO ma che certo gli altri (come i recenti fatti di cronaca dimostrano) non possono dichiararsene immuni a prescindere.
    Se poi, in aggiunta a quanto appena scritto, consideriamo che la volontà governativa è quella di:
    dare piena attuazione all’articolo 39 della Costituzione che prevede, l’obbligo di registrazione per i sindacati con la conseguente perdita dell’autonomia;
    adottare, anche in Italia, il modello francese “che abilita alla contrattazione collettiva solo i sindacati che, accettano una verifica periodica della rappresentatività;
    e quella che molti (ma non il sottoscritto) ritengono la vera nota dolente e cioè “l’introduzione per legge di un salario minimo per tutti”. Legge che secondo alcuni “metterebbe a rischio l’esistenza stessa del sindacato, sottraendogli il potere di individuare, attraverso la contrattazione collettiva i minimi retributivi, che sino ad oggi hanno esercitato in via esclusiva”. So che mi attirerò le ire di molti cislini e non, ma ritengo che il “salario minimo o di cittadinanza che dir si voglia” come ho recentemente scritto, già in vigore in tutti i paesi europei e per tutti i cittadini vada introdotto al più presto anche in l’Italia che risulta tuttora inadempiente per non aver rispettato una direttiva europea nientemeno che degli anni novanta.
    So che la proposta può apparire dirompente ma se ci pensate bene è l’unica che potrebbe ristabilire l’ordine delle cose; cerco di spiegare perché. Il salario minimo o di cittadinanza garantirebbe a tutti una sussistenza anche se minima; se vogliamo fare un paragone possiamo pensare alla dote dei vecchi sposi garantita dalle rispettive famiglie che diventava la base di partenza per affrontare la vita. Mi domando e domando al lettore, ammesso che ci siano ancora giovani che vogliono costituire una famiglia (senza lavoro e senza reddito come possono farlo? Su che basi avviano un progetto di vita seppure minimo? Non parliamo poi se volessero comprare una casa; col cavolo che la banca concede loro un mutuo) ecco allora che il salario minimo assolverebbe a quello che l’uomo ha agognato dal momento che è comparso sulla terra, vale a dire, l’affrancamento dalla fame e dagli altri bisogni primari. Guardate che questo non metterebbe minimamente a rischio la crescita (come ci vogliono far credere) anzi tutt’altro perché oggi l’uomo (come scritto in altra occasione) non è più indispensabile per produrre la maggior parte del Pil mondiale al quale provvedono le macchine ma sempre più sarà indispensabile come consumatore; però per consumare deve avere i mezzi; d’altra parte, affrancato dal garantirsi l’esistenza, ognuno potrebbe dedicarsi alle attività che più lo appagano e così, sfruttando al meglio i suoi desiderata aumenterebbe di molto la produttività come pure la sua soddisfazione personale.
    Perdonate questa breve disgressione e tornando al sindacato ribadisco che il salario minimo per legge, i lavoratori e le rispettive categorie non hanno ragione di temerlo anzi dovrebbero auspicarlo perché allo stesso si aggiungerebbe quello aziendale con la contrattazione, sul posto di lavoro, svolta dalle rappresentanze elette dai lavoratori dello stabilimento.
    Chi invece ha motivo di temerlo perché dovrebbero scomparire sono le confederazioni che: senza unità, senza referenti politici (la politica è diventata liquida al punto che destra o sinistra pari sono) e col potere di controllo della volontà popolare divenuto oramai monopolio dei mass media non hanno più ragion d’essere. NON DICO CHE QUESTO E’ IL VERBO ma sarei curioso di sapere perché NO? Un grazie a chi ha avuto la pazienza di leggermi.
    S a v o n a, 6 A p r i le 2 0 1 6 L u i g i V i g g i a n o
    F N P S A V O N A

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  2. Ferrarotti Agostino · Edit

    Non posso che essere d’ accordo sui contenuti di questo articolo ( compreso la mia antipatia per Feltri) specialmente nell’ultima parte.
    Per Luigi, che nei suoi articoli è sempre veramente competente e sempre presente, la tua idea mi piace molto, ma per provocare un approfondimento : i soldi per finanziarlo (reddito di cittadinanza) dove si potrebbero trovare?

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  3. Agostino; grazie per il competente ma mi reputo un semplice lettore della realtà. Sul fatto di dove trovare i soldi ti rinvio all’articolo precedente pubblicato su questo sito: Dove venivano citati due esempi; personalmente suggerirei di usare parte dei circa 20 miliardi di euro che vengono spesi per la formazione che una autentica mangiatoia per l’apparato senza alcun concreto risultato per i lavoratori.
    Luigi

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  4. Pier Luigi Trivelli · Edit

    Ammiro chi ha il coraggio di lottare fino alla morte. Lo ammiro, però non è il mio percorso e vi spiego il perché.
    La Cisl che conoscevamo non esiste più, non esiste pi0 la Cisl democratica del dibattito, delle “seggiolate, delle differenze di opinione. Bonanni ha iniziato un percorso di demolizione della democrazia interna che ha avuto il suo apice con il taglio di 6000 dirigenti sindacali territoriali. Ha usato la scure sul dissenso e peggio ancora con chi era un pensatore libero. La Furlan è la sua copia imperfetta, perché le manca quel piglio e quella durezza da orso marsicano di cui era capace Bonanni. Oggi abbiamo una Cisl scompaginata, sfilacciata alla base, tanto che per parlare di sindacato dobbiamo far uso di questo strumento infernale e mettere a nudo tutte le debolezza del sindacato libero- Sulla vicenda stipendi, che mi ha fatto rigettare anche la tessera, non mi ha dato fastidio la cifra, ma il tentativo maldestro di occultarla, insabbiarla prima attraverso una commissione d’inchiesta fantasma, poi con i fumogeni attraverso la pubblicazione di una dichiarazione di un commercialista il quale fa riferimento alla maggiorazione contributiva prevista dagli statali anche per lo stipendio percepito dalla Cisl (???). Altra cosa che mi ha rattristato, per non usare una volgarità, è il fatto che Bonanni rappresenta ancora la Cisl. Tentarono di “parcheggiarlo” al Centro Studi di Fiesole (così mi han riferito persone informate), ma forse era troppo visibile, allora meglio da qualche altra parte. Nell’autunno del 2014 nasce “In Terris” una rivista cattolica che da subito inonda le mail Cisl. Ora, un po’ strano che una rivista on line arrivi in posta elettronica Cisl senza che nessuno abbia dato il permesso o quanto meno la mailing list. Indagando si scopre che nel Comitato Scientifico c’è Bonanni. Cosa che mi fa ancora di più rattristare che nell’anniversario della nascita rimbalza un Tweet della Segretaria che trionfante augura buon anniversario e spega che continuerà la collaborazione fra la Cisl e “In Terris” ovvero con Bonanni. Bhè, c’è bisogno di un congresso straordinario forse si, ma di un congresso vero dove non si voti per delega, ma si possano esprimere tutti gli iscritti a tutti i livelli. Con il sistema attuale i giochi son già fatti, e se qualcuno vuol sovvertire lo farà non per ricreare la democrazia interna, ma per spartirsi l’eredità.

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