La lettera di Scandola che parla dei compensi all’Inas (sia semplice che immobiliare), compensi che, nel 2013, fra un presidente e due vicepresidenti, sarebbero stati in tutto pari a circa 500mila€ (il segretario generale della Cisl per lo stesso anno avrebbe avuto un tetto da 110mila. Avrebbe…), ha provocato reazioni di tre tipi.
Una prima reazione è stata quella dell’Inas. Che ha mandato, attraverso un alto dirigente, una mail a tutti gli operatori in cui definisce diffamatorie le rivelazioni di Scandola (senza nominarlo) e preannuncia iniziative a tutela delle persone chiamate in causa e dell’Istituto (come se fosse la stessa cosa…).
Una seconda reazione è stata quella di chi ha risposto alla mail insultando Scandola, accusandolo di essere “invidioso” (come dire, c’è chi ha diritto a certi compensi, e gli altri non hanno diritto nemmeno a un po’ di invidia per tutti quei soldi…) e chiedendogli provocatoriamente di far conoscere i suoi redditi (già fatto: la prima lettera al segretario generale cominciava così: “Cara Furlan, mi presento: sono un pensionato iscritto alla FNP CISL di Verona, ed alla CISL ininterrottamente dal 1968; il mio reddito complessivo, anno 2013, è di 54.125,00€“).
Una terza reazione è stata quella di chi, invece, ha espresso sostegno a Scandola. E magari lo ha fatto usando la sua mail dell’Inas. Cioè sapendo che i suoi superiori lo avrebbero saputo.
In poche parole: l’Inas minaccia azioni contro Scandola, c’è chi usa la casella mail dell’Inas per insultarlo, e quindi per compiacere il proprio datore di lavoro, e c’è chi l’ha usata per contraddire il proprio superiore.
Di questi tre casi, l’ultimo è quello che ci piace di più. Perché comunque merita più stima degli altri due.
Forse è di gente così che ha bisogno la Cisl; e meno di gente che cerca il consenso di chi sta in alto e non sempre lo merita. Anche perché chi sta in alto ragiona come se fosse un manager (e non lo è) invece di un sindacalista (e forse non lo è più). E lo si vede anche da redditi dei quali non vuole rendere conto.
Senza un euro: «Lo devo alla Cisl». Estetista 55enne sul lastrico per un rimpallo di pratiche. Poi il consiglio-beffa: «Ricorra a un avvocato»
Domenica 10 Marzo 2013, Treviso – «L’ultimo stipendio risale a luglio. E, da allora, non ho mai percepito l’assegno di disoccupazione per un errore del patronato Cisl. Adesso per campare mi vedo costretta a vendere l’auto e le poche cose che ho». È lo sfogo, amaro, di Luce Maria Vergaro, che abita a Mogliano, ha 55 anni, e vive da sola. «Non voglio pietismi perchè non sono abituata a lamentarmi. Ma sono arrabbiata con il patronato sindacale e con l’Inps».
La sua storia è semplice ed emblematica. Si licenzia perchè non la pagano e si rivolge alla Cisl di Treviso per fare domanda di disoccupazione all’Inps. È il 9 novembre dello scorso anno. Il tempo passa e l’assegno non arriva. Così si rivolge alla Cisl di Mogliano. «La mia domanda di disoccupazione non risultava in archivio e così mi credono una visionaria e cominciano ad interrogarmi sull’indirizzo della sede a Treviso, sui nomi di chi aveva seguito la mia pratica. Mi hanno creduto solo quando ho descritto la sede e le persone, delle quali non ricordavo il nome» racconta, in un soffio. «A quel punto mi dicono di stare tranquilla, che solleciteranno l’Inps. Aspetto. Ma arriva febbraio, i soldi scarseggiano e mi presento all’Inps dove mi dicono che non hanno domande di disoccupazione a mio nome e che non mi spetta alcuna indennità. Ritorno in patronato e mi rispondono che la domanda l’hanno inoltrata e che andranno dall’Inps». Il rimpallo dura finchè capisce che lei aveva presentato domanda di mobilità – per legge senza indennità – invece di quella per la disoccupazione. Peccato che per la domanda di disoccupazione, nel frattempo, siano scaduti i termini. L’ultima beffa: a quel punto l’Inps le consiglia di rivolgersi a un avvocato. «Non ho nemmeno i soldi per tirare avanti, figurarsi se posso permettermi un legale» risponde
Ho riportato questo articolo per porre una domanda a chi legge. Da tempo un amico che lavora all’inps sosteneva che i patronati non rispondono degli eventuali errori commessi nello svolgimento di una pratica. Ho sempre pensato che scherzasse fino a quando non mi sono imbattuto in questa notizia che mi ha fatto ricredere. Se è vera non ho parole……………..siamo al paradosso io ti sfrutto per aiutarti ma se sbaglio sono cavoli tuoi. Ma in che mondo viviamo? Ripeto mi auguro che qualcuno possa smentirmi; diversamente ognuno tragga le proprie conclusioni. Ma vi pare questo il modo di difendere i lavoratori e i deboli Ma di che stiamo parlando se poi la realtà è questa?
Luigi Viggiano