Ttip un trattato che abolirà la democrazia e la sovranità popolare

Ttip un trattato che abolirà la democrazia e la sovranità popolare

Ttip un trattato che abolirà la democrazia e la sovranità popolare: Cisl (se ci sei batti un colpo)
La maggioranza degli italiani non sa minimamente di cosa si tratta. Eppure la trattativa, in corso tra Nord America ed Unione Europea, ci cambierà la vita.

Lunedì 5 ottobre è stato firmato il Trans-Pacific Partnership (Tpp) tra Usa, Giappone e altre 10 nazioni che si affacciano sull’Oceano Pacifico. Questo trattato segue il Nafta (un accordo tra USA, Canada e Messico per eliminare le dogane e le altre barriere interne e facilitare il commercio nel continente nordamericano) ed anticipa il Ttip. Questa triade di trattati, per il loro carattere dirompente sul piano della democrazia, avranno un rilievo enorme per i destini dell’umanità. Di fatto costituiscono un completo azzeramento di quanto sancito dalla Rivoluzione francese in merito alla sovranità dei popoli e il diritto a decidere del proprio destino.
Diciamo questo perché, se la Rivoluzione francese aprì la fase della democrazia borghese e della sovranità popolare, questi trattati la chiudono. Con essi si torna a prima della Rivoluzione con, al posto dei monarchi assoluti le multinazionali.
L’accordo del citato Tpp farà da traino alla firma del Ttip (Transatlantic Trade and Investment Partnership) tra Unione Europea e Stati Uniti. In tal senso si sono espressi non solo il presidente Obama, sostenitore del Tpp e del Ttip, ma anche i governanti europei compreso quello Italiano. Così dopo aver svuotata la sovranità popolare nell’area del Pacifico col tpp adesso si vuol fare altrettanto con l’Europa sottoscrivendo il Ttpi; un trattato di liberalizzazione commerciale transatlantico che abbatte dazi e dogane tra Europa e Stati Uniti. L’idea apparentemente sembrerebbe buona. Ma se così è perché viene negoziata in segreto tra commissione UE e Governo USA. Si vuole costruire un mercato interno tra noi e gli Stati Uniti (le cui regole, caratteristiche e priorità non verranno più determinate dai nostri Governi e sistemi democratici) ma da organismi tecnici sovranazionali sulle esigenze dei grandi gruppi.
Di conseguenza, ogni norma che pone vincoli a commercio ed investimenti sarà considerata illegale. In pratica la libertà di commercio e di investimenti diventeranno il punto fondamentale a cui qualunque altro diritto e volontà dovrà sottostare.
Non più dunque i diritti umani o il diritto al lavoro o al welfare bensì la libertà di commercio e di investimento diventeranno i diritti attorno a cui tutto il mondo dovrà ruotare.
Gli strumenti che renderanno cogente questa nuova norma saranno le corti arbitrali internazionali private che dovranno dirimere i contenziosi tra le multinazionali e gli Stati. Questo vuol dire che ogni impresa multinazionale potrà denunciare direttamente uno Stato (o una regione o un comune) che se ritenuti colpevoli di aver violato la libertà di commercio e d’investimento obbligheranno gli Stati a cancellare le norme in contrasto con la legge fondamentale, comminando multe salate nel caso si ritenga che le leggi abbiano danneggiato le multinazionali.
Da notare che la magistratura privata è formata da tre parti; una di nomina delle multinazionali, una di nomina degli Stati e una “tecnica” nominata tra i grandi avvocati che si occupano di diritto commerciale internazionale vale a dire che lavorano per le multinazionali. Questa costruzione giuridica produce una gabbia destinata ad imprigionare ogni democrazia. E’ infatti evidente che ogni scelta Statale che ponga limiti alla volontà e agli interessi delle multinazionali potrà essere impugnata, dichiarata illegale e cancellata (essendo due delle tre parti in interesse con la multinazionale). Se uno Stato decide che non si possono coltivare organismi ogm sul suo territorio è una scelta che cozza contro la libertà di investimento delle imprese; oppure decide di non estrarre il petrolio da una determinata area è una scelta che cozza contro la libertà di investimento delle imprese e così via. Con questa logica, anche una Nazione che decide di mantenere un Sistema Sanitario Nazionale pubblico lede la libertà di investimento delle imprese.
Quanto appena paventato è già accaduto allo Stato del Quebec in Canada che, in applicazione del trattato Nafta (accordo simile al Ttip in vigore tra USA, Messico e Canada) dal 1992 è stato portato davanti ad un tribunale arbitrale da una impresa di estrazione statunitense, perché ha votato una moratoria nell’estrazione dello shale gas in quanto questa estrazione è distruttiva dell’ambiente e pericolosa per la salute.
E’ dunque, del tutto evidente l’importanza dell’accordo firmato il 5 ottobre scorso almeno per due motivi: il primo perché sposta il baricentro del commercio mondiale dall’atlantico al pacifico, ridimensionando il polo europeo ed il secondo conseguente al primo perché apre la strada alla firma del Ttpi. Nonostante però la rilevante importanza, la stampa nazionale, eccetto qualche trafiletto non ha dato alcun risalto alla notizia eppure la posta in gioco è enorme perché regala la sovranità dell’Europa alle multinazionali americane.
Che si tratti di una fregatura planetaria lo dimostra il fatto che Renzi l’ha definito “un buono accordo” senza sapere e spiegare né per chi, né il perché. I tedeschi invece, organizzati anche dal Dgb, (federazione dei sindacati tedeschi) lo scorso 5 ottobre a Berlino hanno manifestato in 300mila; (dei nostri condottieri non si ha notizia) loro hanno altre priorità rispetto a “queste bazzecole”. Mi domando (seriamente e non per celia) quanti nostri dirigenti conoscono la problematica? Penso pochi, perché diversamente sarebbero omertosi rispetto ad un esproprio sociale di inimmaginabile portata, da parte di società private.
La firma dunque del Ttip comporterà che, ogni vincolo al commercio ed investimenti sarà da considerarsi illegale. In pratica questi trattati fissano, per le aree geografiche interessate, una sorta di Costituzione generale in cui la libertà di commercio e di investimenti diventano il punto fondamentale a cui qualunque altro diritto e volontà dovrà piegarsi.
Non più i diritti umani o il diritto al lavoro o al welfare dunque ma la libertà di commercio e di investimento diventano i diritti attorno a cui tutto deve ruotare.
Con la sottoscrizione del Ttip si creerà un mercato di 830 milioni di persone pari al 67% del pil mondiale.
Il piccolo particolare che dovrebbe allarmare tutti è che a decidere: i prezzi, cosa produrre e come produrlo saranno le multinazionali (in funzione dei loro esclusivi interessi).
Il trattato prevede l’istituzione di due organismi tecnici molto potenti e fuori da ogni controllo da parte degli Stati e dunque dei cittadini.
Il primo è un meccanismo di protezione-investimenti (Investor-State Dispute Settlement-ISDS), consentirà alle imprese italiane o usa di citare i Governi, qualora democraticamente introducessero normative anche importanti per i propri cittadini, che ledessero i loro interessi passati, presenti e futuri. Le aziende citerebbero gli Stati in tribunale e le vertenze non verrebbero giudicate da tribunali ordinari che ragionano in virtù di tutta la normativa vigente, come è già possibile oggi, ma da un consesso riservato di avvocati commerciali superspecializzati che giudicherebbero sulla base del trattato stesso se uno Stato, magari introducendo una regola a salvaguardia del clima, o della salute, sta creando un danno a una impresa. Se venisse riconosciuto colpevole, quello Stato o Comune o Regione, potrebbe essere costretto a ritirare il provvedimento o ad indennizzare l’impresa. Pensiamo ad un caso come quello dell’Ilva a Taranto, o della diossina a Seveso, e l’ingiustizia è servita. Si istaurerebbe così una giustizia “privatizzata”.
Un altro organismo previsto è il Regulatory Cooperation Council, un organo dove esperti nominati dalla Commissione UE e dal Ministero USA competente valuterebbero l’impatto commerciale di ogni marchio, regola, etichetta, ma anche contratto di lavoro o standard di sicurezza operativi a livello nazionale, federale o europeo. A sua discrezione sarebbero ascoltati imprese, sindacati e società civile e sempre a sua discrezione sarebbe valutato il rapporto costo/benefici di ogni misura e livello di conciliazione e uniformità tra USA e UE da raggiungere, e quindi la loro effettiva introduzione o mantenimento.
In parole povere, potremmo trovarci invasi da prodotti USA a prezzi stracciati che porterebbero danni all’economia diffusa, e soprattutto all’occupazione, molto più ingenti dei presunti guadagni per i soliti noti.
Il Parlamento Europeo, dopo aver votato nel 2013 il mandato a negoziare esclusivo alla Commissione, come richiede il Trattato di Lisbona, può soltanto porre dei quesiti circostanziati, cui la Commissione potrà rispondere ma nel rispetto della riservatezza obbligatoria in tutti i negoziati commerciali bilaterali, sempre secondo il Trattato, e poi avrà diritto di voto finale “prendere o lasciare”, quando il negoziato sarà completato. Nel frattempo non ha diritto né di accesso né d’intervento sul testo. I Governi stessi dell’unione, se vorranno avere visione delle proposte USA, dovranno accedere a sale di sola lettura approntate nelle ambasciate USA (non si capisce se in quelle di tutti gli stati UE o solo a Bruxelles), e non potranno prendere appunti o farne copia; questo é assurdo se si considera la tecnicità e complessità dei testi negoziali. Tutti i settori di produzione e consumo come: cibo, farmaci, energia, chimica, ma anche i nostri diritti connessi all’accesso ai servizi essenziali come: scuola, sanità, acqua, previdenza e pensioni, sarebbero tutti esposti a ulteriori privatizzazioni e alla potenziale acquisizione da parte delle imprese e dei gruppi economico-finanziari più attrezzati, e dunque più competitivi. Senza pensare che misure protettive come i contratti di lavoro, misure di salvaguardia o protezione sociale e ambientale, potrebbero essere spazzati letteralmente via semplicemente affidandosi ad un buon studio legale.
Per dare una idea dei rischi per i cittadini che questo trattato comporta di seguito si riporta parte dell’intervento di Tom Jenkins della confederazione sindacale europea (ETUC), nell’incontro con la commissione dove ha ricordato che gli Stati Uniti non hanno ratificato diverse convenzioni e impegni internazionali in materia di diritti del lavoro, diritti umani e ambiente. Questo rende, ad esempio, il loro costo del lavoro più basso e il comportamento delle imprese nazionali più disinvolto e competitivo, in termini puramente economici, anche se più irresponsabile.
A sorvegliare gli impatti ambientali e sociali del Ttpi, ha assicurato la Commissione, come nei più recenti accordi di liberalizzazione siglati dall’UE, ci sarà un apposito capitolo dedicato allo sviluppo sostenibile che metterà in piedi un meccanismo di monitoraggio specifico, partecipato da sindacati e società civile d’ambo le parti. In proposito ricordiamo che un meccanismo simile è entrato in vigore da meno di un anno tra UE e Corea, con la quale l’Europa ha sottoscritto un trattato di liberalizzazione commerciale molto simile anche strutturalmente al Ttip, facendo finta di non ricordare che come gli Usa la Corea si è sottratta a gran parte delle convenzioni ILO e ONU. Imprese, sindacati e ONG che fanno parte dell’analogo organo creato per monitorare la sostenibilità sociale e ambientale del trattato UE-Corea, hanno protestato con la Commissione affinché avvii una procedura di infrazione contro la Corea per comportamento antisindacale, e ancora aspettano una risposta. Con questi precedenti e considerato che gli USA sono la prima potenza mondiale, che non si sono mai piegati a impegni di salvaguardia della salute o dell’ambiente come dimostra il protocollo di Kyoto, archiviato anche grazie alla loro ferma opposizione diventa davvero difficile sperare in un ravvedimento. Un esempio in tal senso si ebbe ne 1988 quando l’UE vietò l’importazione di carni bovine trattate con ormoni della crescita cancerogeni. Ebbene, per questo è stata obbligata a pagare a USA e Canada dal tribunale delle dispute dell’Organizzazione mondiale del commercio (WTO) oltre 250 milioni di dollari l’anno di sanzioni commerciali, nonostante le evidenze scientifiche e le tante vittime. Solo nel 2013 la ritorsione è finita quando l’Europa si è impegnata ad acquistare dai due concorrenti carne di alta qualità fino 48.200 l’anno.
Sarà una coincidenza, ma in un documento congiunto dell’ottobre 2012 Business Europe e US Chamber of Commerce, le due più potenti lobby d’impresa delle due sponde dell’oceano, avevano chiesto ai rispettivi Governi di avviare una “cooperazione sui meccanismi di regolazione”, che consentisse alle imprese di contribuire alla loro stesura. Oggi, alla luce di quanto detto abbiamo motivo di credere che l’obiettivo vero della richiesta fosse di contrastare i movimenti, associazioni, reti sindacali ma anche istituzioni internazionali come FAO e UNCTAD, le agenzie ONU che lavorano su Agricoltura, Commercio e Sviluppo. Perché esse proponevano di rafforzare i mercati locali, con programmazioni territoriali regionali e locali basate su quanto ci resta delle risorse principali per la vita e quanti bisogni primari dobbiamo soddisfare per far vivere dignitosamente più abitanti della terra possibili. Nella convinzione che questo potrebbe aiutarci ad uscire dalla crisi economica, ambientale, ma soprattutto sociale che stiamo vivendo da tanti anni; altro che percorrere strade, come quella della iper liberalizzazione forzata stile Ttip, che fanno male non solo al pianeta e all’umanità, ma allo stesso commercio che è in contrazione dal 2009 e non si sta più espandendo. Da quando la piena occupazione europea e statunitense, che con redditi veri e capienti sosteneva produzione e consumi, sono diventate una chimera; anche la crescita dei paesi emergenti non è riuscita a sostenere l’insensato paradigma della crescita infinita. L’unica crescita purtroppo è quella dei poveri che devono lavorare sempre di più e guadagnare di meno; anche i ricchi diminuiscono ma diventano sempre più ricchi senza creare alcun benessere diffuso. Ecco perché siamo spaventati e preoccupati dalla sordina messa su un accordo che potrebbe rappresentare l’ultima grande opportunità per tentare di dare ancora un po di speranza ai nostri figli, rimettendo al centro della politica i beni comuni e i diritti. Concludiamo con un invito alla Arbore ovvero molto scherzoso ma allo stesso tempo estremamente serio “meditate gente, meditate.”
Savona, 20 ottobre 2015
Luigi Viggiano FNP Savona

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