La quarta non esiste

Dopo la decisione del giudice Cecilia Bernardo, che ha dichiarato inammissibile il nostro ricorso per ragioni processuali (lo strumento non sarebbe stato quello giusto), siamo nella fase in cui i giocatori devono decidere le prossime mosse da fare.

Il commissario (foto nuova) ha già fatto la sua, esprimendo una comprensibile soddisfazione per la decisione che gli evita una figuraccia e lascia le cose come stanno, con lui in carica a via Tevere 20 (anche se, in realtà, nella sede della Fai lo vedono poco; forse sta sperimentando il telelavoro). Intanto sono trascorsi più di sei mesi del suo mandato annuale, e siamo in attesa di sapere quando convocherà il congresso e con quali modalità (se lo dovesse fare a ridosso della scadenza, è presumibile che ci sarà una proroga di sei mesi, concessa dall’esecutivo ed avallata dalla Cisl-Probiviri. In questo caso la scadenza del suo mandato slitterebbe a fine aprile 2016).

I ricorrenti, cioè noi, devono scegliere fra quattro strade diverse.

La prima, la più naturale, è quella di impugnare la decisione (sbagliata) del giudice Bernardo; in questo caso ci sarebbe una seconda decisione del Tribunale di Roma, questa volta affidata ad un collegio di tre giudici, che potrebbe rovesciare l’ordinanza che ci ha dato torto o confermarla. Questa decisione potrebbe arrivare prima della pausa estiva (diciamo a luglio) o comunque in tempo utile ad impedire il completamento del mandato del commissario, ripristinando la legalità statutaria violata dal commissariamento.

La seconda strada sarebbe quella di seguire l’indicazione del giudice Bernardo, secondo cui lo strumento processuale giusto non era il ricorso d’urgenza previsto dal codice di procedura civile (articolo 700), con il quale si chiede un provvedimento prima di instaurare la causa vera e propria, ma quello di promuovere la causa e, a quel punto, chiedere un provvedimento d’urgenza (la procedura sarebbe quella indicata dall’articolo 23 del codice civile) . Anche questa strada potrebbe essere sufficientemente rapida, ma richiederebbe di prender per buona una decisione che appare sbagliata in più punti e che ci costringerebbe ad accettare alcune affermazioni del giudice, come quella della Fai come “articolazione sottoordinata” della Cisl, che sono inconciliabili con le posizioni che vogliamo difendere, come l’autogoverno delle categorie. Nè si può escludere a priori che un altro giudice, che la pensasse diversamente dalla dottoressa Bernardo, ci possa dire che il procedimento giusto era quello dell’articolo 700, non quello dell’articolo 23, rimandandoci alla casella di partenza come nel gioco dell’oca (la decisione sarebbe giusta in punto di diritto, ma di fatto una presa in giro).

Una terza possibilità è la combinazione dei due percorsi: o successivamente (nel senso che si impugna la decisione del giudice Bernardo, mentre si prepara la causa di merito), o contemporaneamente (nel senso che i ricorrenti attuali impugnano la decisione negativa, mentre altri avviano la causa di merito; in questo caso il commissario sarebbe attaccato su due fronti).

La quarta possibilità è quella di dire: ci abbiamo provato, siamo a posto con la nostra coscienza perché abbiamo fatto il nostro dovere per impedire una grave ingiustizia, non ce l’abbiamo fatta a salvare la Fai e lasciamo perdere. Che se la vedano da soli tutti quelli che speravano che vincessimo (e ce n’erano tanti, dentro e fuori dalla Fai…) ma, siccome tengono famiglia, non hanno mosso un dito per aiutarci così come non hanno detto nulla per protestare contro il licenziamento di Giampiero Bianchi o l’epurazione di Maurizio Ori.

Ma questa quarta possibilità, l’offerta che parla al nostro orgoglio di uscire di scena da nobili sconfitti non è neanche una possibilità teorica. E’ una cosa che non esiste.

Come direbbero al gioco dei pacchi: ringraziamo il dottore, rifiutiamo l’offerta e andiamo avanti.

Condividi il Post

Commenti