2/C’è chi non si firma, c’è che non si ferma

Seconda puntata: “C’è del metodo in questa follia” (William Shakespeare, Amleto)

Come abbiamo scritto nella puntata precedente, nella Cisl hanno più successo le segnalazioni anonime che le denunce pubbliche. E comunque convengono, perché a restare anonimi non si può essere deferiti ai probiviri.

Ma la vera differenza è un’altra, e cioè che gli anonimi portano ad accertamenti dei fatti segnalati, le affermazioni pubbliche no. Il che è una follia, perché se si prendono in considerazione, in nome della trasparenza, anche le segnalazioni indegne (sia moralmente, perché l’autore non si assume la responsabilità di quello che dice, sia giuridicamente), a maggiora ragione dovrebbero esserlo quelle di cui l’autore può essere chiamato a rispondere.

Una follia quindi, ma nella quale si legge un metodo. Almeno dal punto di vista di chi scrive, che può puntualmente farsi vivo quando si sta per prendere qualche decisione importante, in modo da cambiare le carte in tavola ed il risultato della partita.

Se le cose stanno così, non può non destare fortissime perplessità la lettera con cui la segreteria confederale ha deferito ai probiviri il pensionato veronese Fausto Scandola, autore di una lettera in cui chiedeva le dimissioni di Anna Maria Furlan facendo riferimento a redditi nella Cisl nettamente superiori al tetto dello stipendio previsto dal regolamento. Lettera poi inviata a tutto l’esecutivo confederale, aggiungendo un paio di esempi di redditi complessivi superiori al tetto.

La reazione del segretario ha preso la forma di un deferimento di Scandola ai probiviri della Cisl del Veneto, in data 11 maggio 2015, ad opera di tutta la segreteria confederale.

Il primo motivo di deferimento è una questione di privacy: siccome la lettera di Scandola parla di “documentata conoscenza” di dati sensibili, di cui non si può aver conoscenza con “gli ordinari strumenti previsti dalla legge”, allora queste cose non si fanno. Il che è una maniera di spostare il discorso (e, fra le righe, di dire che chi si fa gli affari suoi, campa cent’anni).

Il secondo motivo parla di “tono minaccioso” della lettera alla Furlan, con offese alla “dignità, onorabilità ed integrità morale ed etica” della signora; e qui la lettera ce ne ricorda un’altra in cui si diffidava questo sito (senza averne alcuna ragione) dall’offendere il decoro e l’onorabilità della signora segretario e del signor commissario, per non incorrere nel reato di diffamazione. Un reato, si precisava a p. 2 citando la Cassazione, che talora può ricorrere anche “pur essendo veri i singoli fatti riferiti”. Come la si rigiri, l’invito è sempre quello a campare cent’anni facendosi gli affari propri.

Lo stesso invito emerge dal successivo motivo di deferimento, quando si cita l’articolo 6 dello statuto della Cisl nel passaggio in cui si afferma che il diritto di critica si esercita nei limiti previsti dallo statuto e in termini demoraticamente e civilmente corretti (e quindi è più prudente non esercitarlo?).

Ma la cosa risibile è l’accusa di aver “aggirato il civile metodo previsto dall’articolo 10 dello statuto”, cioè il ricorso ai probiviri. Come dire che quando c’è una questione che ha risvolti sia giuridici (la violazione delle regole) sia politici (la responsabilità dei dirigenti verso l’organizzazione che li ha espressi) è illecito porre il problema a livello politico! Un’affermazione assolutamente improbabile, il cui messaggio implicito è ancora una volta chiarissimo: i panni sporchi si lavano solo alla Cisl-Probiviri e non nelle sedi politiche. E perché mai? E soprattutto, perché Scandola viene chiamato a rispondere di tutto tranne che della veridicità delle sue affermazioni?

La lettera continua, ma ve la risparmiamo (et de hoc satis, come scrivono gli avvocati convinti che il latino faccia ancora impressione). Più interessante è raccontarvi la reazione di Scandola. Una reazione firmata e mettendoci la faccia (quindi comunque da rispettare non foss’altro per questo) nella forma di un intervento al consiglio generale della Cisl di Verona del 30 giugno. Un intervento che può sembrare folle, nel senso di un uomo solo contro i vertici dell’organizzazione. Ma che, anche in questo caso, rivela del metodo in questa apparente follia.

Il ragionamento di Scandola è semplice: citando il Sole 24 ore sottolinea che tre lavoratori italiani su quattro guadagnano da 18mila € a 34mila € (sempre lordi); evidenzia poi che le dichiarazioni dei ministri parlano di redditi fra 94.448 € (Boschi) e 156.582 € (Franceschini), col presidente del consiglio fermo a quota 98.961 €; ricorda infine che per le retribuzioni dei manager di stato è stato fissato un tetto a 240mila €. Mentre per il regolamento economico interno alla Cisl fissa un tetto per lo stipendio dei segretari confederali a 102mila €.

A questo punto arriva il salto di qualità: Scandola cita “fonti Inps” e fa l’esempio di Raffaele Bonanni (niente di personale, ma non ci sembra sbagliato partire dal livello più alto) di cui si citano i redditi dal 2007 al 2011. Non potendoli verificare non li citiamo, ma vi diciamo che sarebbero fin dall’inizio superiori ai 102mila €, che sarebbero cresciuti progressivamente (già nel 2009 superano i 240mila € applicato ai manager di stato) fino al punto più alto, toccato nel 2011 (per il 2013 Scandola cita una retribuzione in discesa, ma comunque superiore al tetto previsto).

Ad Annamaria Furlan, Scandola rimprovera di non aver fatto chiarezza.

Omettiamo altri particolari su Bonanni, un po’ perché meno circostanziati, un po’ perché la questione non è personale, ma generale. Infatti Scandola ricorda di aver indicato alcuni esempi (relativi all’Inas e al Caf), su cui ha presentato ricorso ai probiviri il 29 maggio 2015; e di aver successivamente inviato ai probiviri documentazione secondo cui in un caso, quello dell’Inas, i redditi percepiti sarebbero addirittura superiori a quelli già indicati. Successivamente fa riferimento a documentazione relativa alla Fisascat (una federazione nella quale, come sanno in molti, è in corso uno scontro con vari commissariamenti), ed infine cita la nostra Fai per vicende che abbiamo in parte raccontato anche noi (e sulle quali aspettiamo le decisioni dei probiviri).

In sintesi, Scandola sottolinea di porre due problemi: il non rispetto diffuso a vari livelli del regolamento economico, il fatto che le retribuzioni siano troppo alte rispetto a quelle degli associati che finanziano la Cisl.  E qui trascriviamo la conclusione dell’intervento

“Non avendo argomenti di merito per rispondermi, viene usato solo l’aspetto formale, vedi il mio deferimento collettivo da parte di tutta la segreteria confederale ai probiviri ed il documento dell’esecutivo Cisl di Verona; e insinuando la peggior forma di strumentalizzazione politica su possibili regie oscure che mi userebbero, o chissà quali lotte politiche stia agevolando; sembra che nessuno riesca a vederlo come problema etico-morale e di non rispetto verso i nostri associati. E nessuno mi affronta direttamente né di persona, né in altre forme.
Non mollo!!!
A presto,
Fausto Scandola”

E, in effetti, non ha mollato, perché continua a firmarsi ed a non fermarsi.

(fine della seconda puntata)

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2 Commenti - Scrivi un commento

  1. Grazie, per la chiarezza e la precisione dell’esposizione. C’è modo secondo voi di sostenere Scandola, dimostrandogli solidarietà e facendo in modo che rientri il provvedimento di espulsione? Attendo con impazienza le prossime puntate
    Miranda

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    1. Il provvedimento di espulsione potrebbe rientrare, ma noi non ci crediamo, solo con una revoca da parte della Cisl-Probiviri che lo ha emesso. In ogni caso, mettiamo a disposizione il nostro sito per chi volesse manifestare la sua solidarietà a Scandola mandandoci una mail a info@ilmarzo.it o usando lo spazio dei commenti.

      Le regole da rispettare sono solo tre

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